1 febbraio 2025 00:24
Il 22 gennaio 2025 il Regolamento imballaggi (PPWR), dopo due anni di dure polemiche talvolta dal vago sapore strumentale e non sempre incentrate sulle questioni più rilevanti, è stato pubblicato sulla Gazzetta dell’Unione Europea come “Regolamento 2025/40 del Parlamento Europeo e del Consiglio”.
Il testo, oltre a essere sicuramente sfidante per tutti gli attori coinvolti, contiene molti passaggi che, almeno da un’analisi che al momento può essere solo teorica, destano dubbi e perplessità, oltre a timori legittimi.
Grandi oneri andranno a ricadere sulle imprese che immettono sul mercato prodotti a proprio marchio (oggi in Italia ricomprese tra gli “utilizzatori”), poiché - salvo poche eccezioni - assumono la qualifica di “fabbricanti” e, in quanto tali, saranno loro compito e responsabilità tutti gli adempimenti per attestare la conformità dell’imballaggio (che non sono poca cosa) in ogni Stato membro in cui immettono i propri prodotti. Coloro i quali producono materialmente l’imballaggio saranno semplicemente “fornitori” e dovranno limitarsi a fornire i dati tecnici.
Le prescrizioni per la conformità, poi, prevedono cambiamenti epocali: tra gli altri, l’obbligo di riciclabilità su larga scala in processi industriali di tutti gli imballaggi, o il contenuto minimo di materiale riciclato post-consumo per gli imballaggi in plastica. In questi casi, come del resto in molti altri, il testo si limita a fornire indicazioni vincolanti di massima e demanda a successivi atti delegati la definizione di dettaglio di procedure e metodologie di valutazione e calcolo.
I dubbi circa l’effettiva fattibilità e possibilità di controllo di queste impegnative disposizioni, tuttavia, non sono pochi e, non per niente, lo stesso Regolamento prevede - anche qui come in molti altri casi - fasi successive di verifica ed eventuale emendamento.
Altro grande tema è quello degli obiettivi quantitativi per il riutilizzo, soprattutto per quanto concerne gli imballaggi di trasporto nel campo della logistica. Ad esempio, allo stato dell’arte, si deve ritenere che per l’imballaggio flessibile in plastica per il fardellaggio dei pallet debbano essere raggiunti, seppure non nell’immediato, gli obiettivi di riutilizzo indicati, che arrivano al 100% per i trasporti tra imprese collegate tra loro e per quelli B2B in un unico Stato.
Ci chiediamo: è davvero fattibile?
Cambia, infine, radicalmente l’impostazione per l’assolvimento degli obblighi di responsabilità estesa del produttore (EPR), per quanto concerne sia i soggetti obbligati (anche qui c’è un tendenziale “scivolamento a valle” verso chi materialmente immette l’imballaggio o il prodotto imballato sul mercato a proprio marchio) sia le modalità di assolvimento tramite le organizzazioni per l’adempimento dell’EPR.
Queste sono solo alcune supposizioni, quando siamo al “punto zero”, senza cioè nessuna “curva di esperienza”. Inoltre, il Regolamento è talmente vasto e ricco sia di contenuti che di eccezioni, rimandi e verifiche successive che ci vorrà tempo per assumerne la completa padronanza e poter formulare una valutazione definitiva.
Ma il quesito fondamentale rimane sempre lo stesso: gli estensori del testo, prima di scriverlo, erano a conoscenza della normativa precedente e soprattutto di come funziona la filiera degli imballaggi?
La risposta è sempre la stessa: "Lo scopriremo solo vivendo" …come cantava Lucio Battisti
Con il contributo di:
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