24 maggio 2022 08:52
Il costruttore di presse a iniezione Arburg si è cimentato nel calcolo dell'impronta di carbonio di prodotto (PCF, product carbon footprint) e del fabbisogno energetico delle macchine prodotte, in accordo allo standard ISO TS 14067:2018.
Il PCF tiene conto della quantità di gas serra emessi o evitati durante l'intera vita utile di un prodotto, espressa come CO2 equivalente.
Per calcolare l'impronta di carbonio durante la costruzione della pressa, prima che venga messa in funzione presso il cliente, vengono calcolate le emissioni di CO2 suddivise in quattro fasi del processo: verniciatura o rivestimento, lavorazioni meccaniche, produzione della parte elettrica ed elettronica, assemblaggio, attribuendo materie prime e consumi energetici.
A titolo di esempio, una pressa Allrounder 570 H ibrida, con una forza di chiusura di 2.000 kN e un peso netto di 8.300 kg provoca emissioni legate alle materie prime e al fabbisogno energetico pari a circa 16.430 kg di CO2 durante la sua realizzazione. Per una 370 Allrounder, pesante 3,3 ton e con forza di chiusura di 600 kN, la CO2 equivalente si attesta intorno a 6.530 kg.
Per fare un confronto, si calcola che in Germania ogni cittadino genera un'impronta di carbonio media di circa 12.000 kg l'anno, dato che varia a seconda di fattori come stile di consumo, mobilità, abitazione e alimentazione.
Pur coinvolgendo 11mila elementi, compresa la minuteria metallica, questa fase rappresenta però solo il 5% delle emissioni della macchina secondo un aproccio "dalla culla alla tomba", mentre il maggior impatto va imputato durante la vita operativa. Il PCF in fase di utilizzo è però difficile da standardizzare poiché i fattori in gioco sono numerosi: occorre considerare il ciclo di vita di differenti materie plastiche, la tipologia di pezzo prodotto, la realizzazione di periferiche e stampo. Va quindi aggiunto l'imptto delle fasi di smontaggio e smaltimento a fine vita.
Un parametro che entra pesantemente in gioco è il fabbisogno energetico specifico (kWh per kg). Come regola generale, più breve è il tempo ciclo e maggiore è la capacità di iniezione (shot weight), minore risulta il fabbisogno energetico specifico e la CO2 equivalente. Altrettanto importante, come intuibile, è il tipo di azionamento: elettrico, ibrido o idraulico e la possibilità di sovrapporre i movimenti. Rispetto alle macchine idrauliche standard, si stima che le presse elettriche richiedano il 50% in meno di energia, ma anche macchine idrauliche ottimizzate dal punto di vista energetico possono vantare una ridotta l'impronta di carbonio.
Arburg ha esaminato diversi scenari nell'ambito di un'applicazione pratica del calcolo del PCF, valutando Allrounder idrauliche ed elettriche in tre diverse taglie, con forze di chiusura di 600, 2.000 e 4.000 kN, effettuando misurazioni in accordo allo standard Euromap 60.2.
La pressa Allrounder 820 A elettrica con portata di 115,2 kg/h ha prodotto emissioni di 1,07 kg di CO2 per kg di materiale plastico nello stampaggio di un imballaggio. Una pressa sempre elettrica, ma di taglia 370 emette circa il doppio di CO2 (2,13 kg), con portata di 4,2 kg/h per un articolo tecnico, mentre con la Allrounder 370 S idraulica, questo valore arriva a 4,43 kg.
Non sono incluse in questa analisi le emissioni di CO2 per la produzione delle materie prime e altri carichi come le ausiliarie utilizzate per il controllo della temperatura degli stampi o il condizionamento degli ambienti. Va detto che in talune applicazioni, il fabbisogno energetico e - quindi - le emissioni di CO2 delle periferiche possono essere significative e, soprattutto per gli articoli tecnici, possono anche superare proporzionalmente quelle della pressa ad iniezione.
In conclusione, Arburg ritiene possibile determinare un'impronta di carbonio significativa "dalla culla al cancello" per le macchine destinate allo stampaggio a iniezione. Più complesso, invece, è calcolare Il PCF durante la fase di utilizzo, tenendo però conto che il fabbisogno energetico specifico di una macchina per lo stampaggio ad iniezione diminuisce aumentando la capacità e che le macchine elettriche generano fino al 50% circa in meno di emissioni di CO2 rispetto a quelle ad azionamento idraulico, a seconda dell'attrezzamento e del materiale impiegato.
L'obiettivo che Arburg si pone con queste ricerche è valutare il ciclo di vita, in modo olistico e scientificamente valido, delle macchine per lo stampaggio a iniezione. In questo compito ha coinvolto anche alcuni partner, tra i quali l'istituto IKK (che si occupa di materie plastiche ed economia circolare) dell'Università Leibniz di Hannover, guidato dal professor Hans-Josef Endres.
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