2 marzo 2018 07:11
Quest’anno il Consiglio Nazionale dei Chimici compie 90 anni e per festeggiare l’evento cambia nome, assumendo - con la Legge Lorenzin - la denominazione di Federazione Nazionale dei Chimici e dei Fisici e passando sotto la sorveglianza del Ministero della Salute. “Una novità - sottolinea Nausicaa Orlandi (nella foto), attuale Presidente del Consiglio Nazionale dei Chimici - che riconosce questa professione tecnica come professione sanitaria, a confermare il contributo che i chimici hanno dato allo sviluppo della società in questi anni".
“Sono stati nove decenni di continua evoluzione che hanno portato valore nell’industria, nell’Università, nella ricerca, nell’ambiente, nella salute, nel campo alimentare e in moltissimi altri settori in cui i chimici italiani svolgono un ruolo primario a livello sociale ed economico - aggiunge Orlandi -. In poche parole i Chimici e la chimica hanno contribuito nei corsi di questi decenni a migliorare la qualità della nostra vita".
LA STORIA. È stato lungo il percorso che ha portato al riconoscimento della professione di chimico. Se fino ai primi decenni dell’800, infatti, a occuparsi di chimica era la figura del filosofo naturale o del medico, è grazie alla specializzazione delle scienze,che si inizia a delineare la figura del chimico professionista.
Dagli inizi del ‘900 la chimica mostrò un livello di dinamismo molto alto. Parlare di chimica, infatti, significava parlare di industria, di ricerca e innovazione nei materiali. Pur in ritardo nel valorizzare il ruolo della chimica rispetto a Germania e Regno Unito, all’inizio del ventesimo secolo in Italia fioriscono le cattedre e aumentano il numero di docenti all’interno delle facoltà di scienze.
In questo periodo, a cavallo fra fino Ottocento e inizio Novecento, siamo agli albori dei processi di industrializzazione in Italia. Esistono poche attività, come l’estrazione dello zolfo in Sicilia e in Romagna, nascono piccole industrie farmaceutiche come la Carlo Erba, la Lepetit, la Zamberletti, incominciano ad apparire le prime fabbriche nei settori della gomma e della ceramica, nascono le aziende di coloranti come l’Acna, viene avviata la produzione saccarifera ed inizia il suo percorso la Montecatini.
Tutto questo si traduce con un maggior dinamismo che si esprime anche con la nascita di diverse realtà associative: nel 1895, la Società chimica di Milano, nel 1899 l’Associazione chimica industriale di Torino e nel 1903 quella di Roma. Nel 1871 inizia le sue pubblicazioni la Gazzetta Chimica Italiana.
NASCE UNA NUOVA PROFESSIONE. Per vedere la nascita di una società a livello nazionale si dovrà aspettare il 1909, sulla spinta anche del fatto che pochissimi anni prima, nel 1906, l’Italia aveva ospitato il sesto congresso internazionale di chimica. Questo iter si conclude con il 1928: con l’approvazione del Regio Decreto, la scienza chimica si fa professione.
L’Italia quindi ha una lunga tradizione nella chimica e lo testimoniano alcuni nomi che hanno fatto la storia della ricerca e della divulgazione scientifica: da Giulio Natta (unico premio Nobel italiano per la Chimica) a Primo Levi, passando poi per Livio Cambi, che ha scoperto i processi di estrazione dello zinco e del cadmio, Giovanni Provenzal, grande divulgatore della storia della chimica e fra i padri del CNR, Adolfo Quilico, fondatore in Italia della chimica delle sostanze naturali, Giovanni Morselli, innovatore e uomo d’azienda che ha guidato gli anni d’oro della Carlo Erba e della Caffaro inventando prodotti rivoluzionari per l’industria alimentare, l’agricoltura e l’enologia (famoso in tutta Europa l’anticrittogamico Pasta Caffaro).
"Sono trascorsi 90 anni dalla emanazione del regolamento – conlude Orlandi – e molto è cambiato. Immutato però resta l’impegno, sia personale sia professionale, di tutti i chimici per contribuire con il nostro sapere a migliorare la qualità della vita, a rendere il lavoro più sicuro, a inventare nuovi materiale, a innovare i processi e a lasciare alla generazioni future un ambiente più sano”.
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