11 dicembre 2018 10:38
L’anno scorso la produzione di rifiuti urbani in Italia è tornata sotto la soglia di 30 milioni di tonnellate, più precisamente 29,6 milioni, con una riduzione dell’1,7% rispetto all’anno precedente. Negli ultimi cinque anni la produzione di rifiuti è rimasta praticamente stabile, dopo il brusco calo accusato nel biennio 2011-2012 per effetto della crisi economica.
É quanto emerge dal ventesimo Rapporto Rifiuti Urbani elaborato dal Centro Nazionale per il Ciclo dei Rifiuti dell’ISPRA, presentato ieri a Roma, che riporta i dati aggregati su produzione, raccolta differenziata, gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di imballaggio, compreso l’import/export, a livello nazionale, regionale e provinciale (versione completa in PDF).
DIFFERENZIATA A TRE VELOCITÁ. Oltre la metà dei rifiuti prodotti viene raccolta in modo differenziato (55,5%), pur con risultati alterni a livello geografico: i più alti valori si registrano al Nord, con una media del 66,2%, mentre al Sud le percentuali più basse (41,9%) e il Centro Italia si attesta molto vicino alla media nazionale (51,8%). Tredici regioni raccolgono in maniera differenziata oltre la metà dei rifiuti urbani prodotti ogni anno. Il Veneto si conferma anche nel 2017 la regione più virtuosa, con una raccolta differenziata pari al 73,6%, seguita da Trentino Alto Adige con il 72%, Lombardia con il 69,6% e Friuli Venezia Giulia con il 65,5%.
A livello provinciale, emerge Treviso, con l’87,8%, seguita da Mantova (86,6%), Belluno (83,4%) e Pordenone (81,6%). Tutte in Sicilia, invece, le province più arretrate: è ancora Enna fanalino di coda (11,3%), mentre a Siracusa (15,3%) e Palermo (17,3%), pur indietro in classifica, si evidenzia una crescita delle percentuali di 6 punti nell’ultimo anno.
RIFIUTI IN PLASTICA. La raccolta di rifiuti in plastica ha toccato l’anno scorso 1,27 milioni di tonnellate, di cui 726mila al Nord, 206mila tonnellate al Centro e 340mila al Sud. Se in termini assoluti è la Lombardia al primo posto con 248.000 ton, seguita da Emilia Romagna (137.000 t) e Veneto (117.000 t), passando al valore procapite emerge in classifica la Valle d’Aosta con 48,8 kg per abitante l’anno, seguita da Trentino Alto Adige (31 kg/ab/anno), Emilia Romagna (30,8 kg/ab/anno) e Lombardia (24,7 kg/ab/anno).
SHOPPER E AFFINI. Lo studio contiene anche un'analisi dell’utilizzo di sacchetti di plastica, riferita sempre al 2017. In volume sono 77mila tonnellate immesse sul mercato (ma dati più aggiornati forniti da Conai indicano 90.0000 ton), per il 53% borse biodegradabili e compostabili (quasi 41 mila tonnellate), seguite da quelle in materiale leggero con spessore inferiore a 50 micron, che valgono il 20,3%, per un volume di quasi 16 mila tonnellate. Il resto è costituito da sacchetti ultraleggeri (5,5%) e altre borse (21,2%).
Il Rapporto cita anche i dati Assobioplastiche, che riportano una produzione di manufatti in polimeri compostabili (oltre alle borse, anche stoviglie monouso, film per pacciamatura e altri imballaggi) intorno a 73 mila tonnellate, il 19,5% in più rispetto al 2016. Restringendo il campo alle borse per asporto merci, l’Associazione indica una crescita dell’11% rispetto al 2016, per un totale di 50.000 tonnellate, mentre i sacchetti per la raccolta dell’umido si mantengono stabili sulle 9.500 tonnellate.
COSA SUCCEDE AI RIFIUTI? Secondo il Rapporto Ispra, non tutte le regioni sono dotate di infrastrutture di trattamento dei rifiuti adeguate e la scarsità degli impianti fa sì che in molti contesti territoriali si assista ad un trasferimento dei rifiuti raccolti in altre regioni o all’estero. I rifiuti urbani prodotti nel 2017 sono stati gestiti in 644 impianti.
Lo smaltimento in discarica, pari a 6,9 milioni di tonnellate, interessa il 23% dei rifiuti urbani prodotti, con una riduzione del 6,8%. Le discariche operative nel 2017 erano 123, undici in meno rispetto al 2016. Il riciclo si attesta al 47% della produzione: il 20% è costituito dal recupero di materia della frazione organica (umido+verde), mentre il 27% è imputabile al recupero delle altre frazioni merceologiche.
DUE INCENERITORI IN MENO. L’anno scorso è diminuito anche il numero di inceneritori attivi nel nostro paese, passato da 41 a 39. I rifiuti urbani termovalorizzati, comprensivi del CSS, della frazione secca e del bioessiccato ottenuti dal trattamento meccanico dei rifiuti urbani stessi, sono stati pari a quasi 5,3 milioni di tonnellate (-2,5% rispetto al 2016). Il 70% circa dei rifiuti viene trattato al Nord, l’11% al Centro e quasi il 19% al Sud. Lo studio sottolinea che tutti gli impianti di incenerimento in funzione nel nostro paese recuperano energia, elettrica o termica: complessivamente sono stati generati in questo modo quasi 4,5 milioni di MWh di energia elettrica e 2 milioni di MWh di energia termica.
QUANTO CI COSTANO I RIFIUTI? La gestione dei rifiuti, in base ai dati MUD di 6.354 comuni italiani, è costata l’anno scorso 171 euro per abitante, un pò meno al Nord (151 euro) e più al Centro (206 euro) e al Sud (182 euro), segno che il comportamento virtuoso ha effetti positivi sul portafoglio dei cittadini. Dove è in vigore la Tariffazione puntuale, i costi per i cittadini sono mediamente inferiori rispetto ai comuni che applicano la Tari normalizzata.
IMPORT-EXPORT. Non manca un capitolo su esportazioni e importazioni di rifiuti. Nel primo caso si tratta di 355mila tonnellate di rifiuti urbani, per il 40% trasferito in Austria (27,8%) e in Ungheria (13,1%), in larga parte Combustibile Solido Secondario (CSS) derivante dal trattamento di rifiuti urbani, che da solo rappresenta il 37,1% dei rifiuti esportati.
Sono quasi 213mila le tonnellate i rifiuti urbani importati l’anno scorso nel nostro paese. Il maggior quantitativo proviene dalla Svizzera, con circa 72 mila tonnellate, corrispondente al 33,6% del totale importato; seguono la Francia con il 19,7% e la Germania con il 15,2%. Circa la metà dei rifiuti provenienti dalla Svizzera, costituiti prevalentemente da rifiuti di imballaggio in vetro, sono destinati ad impianti di recupero e lavorazione situati soprattutto in Lombardia.
RISPETTO ALLA MEDIA UE. Analizzando le performance del sistema italiano di raccolta e gestione rifiuti rispetto alla media dei 28 paesi europei, si evince che produciamo più rifiuti (497 kg per abitante l'anno contro i 483 della media UE), ricorriamo in modo maggiore alla discarica, ma anche la percentuale avviata a compostaggio e digestione anaerobica è superiore alla media europea (21% conrro l 17% della UE). Ricorso alla discarica che vede un enorme divario tra i paesi europei: si va dall'1% di Belgio, Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Svezia, fino all’82% della Grecia e al 92% di Malta. L'Italia, con il 28%, si avvicina molto alla media europea (25%).
Siamo in linea con la UE anche nel riciclo dei rifuti urbani (29% contro 30%), mentre siamo molto sotto nella termovalorizzazione (22% Italia contro il 29% della media UE).
Non siamo ancora in linea con i nuovi target previsti dalla direttiva 2018/851/UE per la preparazione, il riutilizzo e il riciclo dei rifiuti: 50% al 2020, 60% al 2030 e 65% al 2035. In Italia, la percentuale di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio l’anno scorso si attestata al 43,9%, considerando tutte le frazioni contenute nei rifiuti urbani, e al 49,4%, effettuando il calcolo per le frazioni di organico, carta e cartone, vetro, metallo, plastica e legno.
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Nel mese di luglio un percorso in tre step per identificare ed eliminare sprechi e inefficienze nella trasformazione di materie plastiche.
Il portale verticale dedicato all'industria delle materie plastiche ora propone un servizio di basic assessment sui requisiti necessari per poter rispettare le normative UE.