18 aprile 2019 08:40
L’obiettivo era fare chiarezza sulla direttiva UE contro la plastica monouso, recentemente approvata dal Parlamento europeo (leggi articolo), ma il convegno organizzato ieri a Roma da FareAmbiente si è trasformato in un 'J'accuse' verso la nuova normativa comunitaria che mette al bando una decina di prodotti monouso di uso comune e introduce limiti e paletti per altri.
Atto di accusa forse lecito, ma sicuramente tardivo, visto che i giochi sono fatti e l’orientamento del Governo italiano, recentemente ribadito dal Ministro dell’Ambiente Costa, sembra essere quello di adottare la nuova direttiva senza indugi, magari inasprendone i contenuti.
L’occasione era quella buona, essendo il tavolo dei relatori composto per una metà dai rappresentanti della filiera delle materie plastiche (Confida, Corepla, Federazione Gomma Plastica, Assobibe, Mineracqua, Assobioplastica e Confcommercio) e per l'altra da un nutrito gruppo di parlamentari italiani.
COMPARTO SOTTO TIRO. I temi sono quelli già toccati il mese scorso a Milano nella Conferenza nazionale sul futuro sostenibile delle plastiche (leggi articolo) e riguardano la discutibile efficacia del provvedimento e il danno economico per il nostro paese, primo produttore europeo di articoli monouso.
“La nuova normativa – ha riassunto Vincenzo Pepe, Presidente di Fare Ambiente - non inciderà, se non in minima parte, sul problema ambientale. Infatti il 90% della plastica presente negli oceani proviene da dieci fiumi extra-europei, come dimostrano i dati del Programma Ambiente delle Nazioni Unite (Unep) mentre i rischi produttivi e occupazionali per le imprese italiane sono alti”.
"I produttori di articoli monouso in plastica sono praticamente tutti italiani - ha ricordato Marco Omboni, Presidente di Pro.Mo Federazione Gomma Plastica (foto a sinistra) -. Solo quelli di stoviglie ‘usa e getta’ (piatti, bicchieri, posate, cannucce e mescolatori) sono una trentina nel nostro paese e occupano circa 3.000 dipendenti". “I prodotti monouso in plastica – ha aggiunto Omboni – rappresentano solo lo 0,6% della plastica prodotta in Europa. Bandire la plastica monouso produrrebbe gravi danni imprenditoriali e occupazionali per le nostre imprese". Il problema della dispersione dei prodotti monouso nell’ambiente, secondo il Presidente di Pro.Mo, è un problema di educazione, e la maleducazione non distingue tra un materiale e l’altro. "Occorre quindi potenziare il riciclo, in cui l’Italia è virtuosa, nell’ottica dell’economia circolare e dare tempo alle imprese per sperimentare nuovi materiali favorendole con incentivi fiscali”.
Secondo Marco Versari, Presidente di Assobioplastiche (associazione filiera plastiche compostabili), l’approvazione della direttiva sulle palstiche monouso sta creando grande confusione tra i consumatori e gli stessi produttori (ricordiamo che il bando vale anche per i monouso realizzati con biopolimeri) e ritiene che le plastiche compostabili siano una delle soluzioni al problema ambientale, grazie al sistema della raccolta differenziata in funzione nel nostro paese e, in particolare, agli impianti di compostaggio industriale, che consentono un recupero efficace d efficiente dei materiali a vite vita.
A RISCHIO ANCHE L’INDOTTO. La nuova direttiva provocherà distorsioni anche a valle della trasformazione, in altri comparti dove l’Italia è leader a livello europeo, dalle acque minerali alla distribuzione automatica. Il primo ha un giro d’affari di 3 miliardi di euro, con 246 marche italiane e 126 imbottigliatori che esportano in oltre 100 Paesi del mondo.
La distribuzione automatica di cibi e bevande, dove l’acqua è il secondo prodotto più venduto, ha un giro d’affari di 3 miliardi di euro con 3.000 aziende di gestione dei distributori che occupano 33.000 dipendenti. “La distribuzione automatica – ha spiegato Massimo Trapletti, Presidente di Confida (Associazione Italiana Distribuzione Automatica) – opera al 97% all’interno di edifici chiusi (aziende, ospedali, scuole e università) dove è attiva la raccolta differenziata della plastica, quindi la possibilità che questa venga dispersa nell’ambiente è inesistente. Inoltre il vending è il primo settore che sperimenta un progetto, chiamato RiVending, di riciclo della plastica di bicchieri e palette del caffè che viene reintrodotta in produzione per produrre nuovi prodotti”.
PROVVEDIMENTI ILLEGITTIMI? La campagna 'Plastic Free' promossa e spronata dal Ministero dell’Ambiente, anche grazie al favore mediatico ha spinto numerose amministrazioni locali (Comuni e Regioni), Università e altri enti ad emanare ordinanze, mozioni e regolamenti divergenti tra loro e spesso contrastanti con i contenuti stessi della Direttiva Europea. É quanto emerge dall’analisi presentata al convegno dall’avvocato Andrea Netti, titolare dello studio ADR, esperto di diritto amministrativo: “Il 47% dei provvedimenti analizzati include erroneamente i bicchieri tra i prodotti monouso in plastica da abolire e ancora il 52% vuole abolire anche le bottiglie d’acqua quando la Direttiva UE richiede invece nuovi requisiti di fabbricazione”.
Le normative fai-da-te, anche in questo caso dai risultati discutibili sul fronte ambientale, rischiano di creare confusione per cittadini e operatori commerciali che si troveranno in un Comune a poter utilizzare dei prodotti e in altri no e daranno vita a un’infinita serie di ricorsi che intaseranno la giustizia amministrativa. Di illegittimità, per quanto concerne i divieti all’utilizzo di bottiglie di plastica, ha parlato espressamente Assobibe, l’associazione dei produttori di bevande analcoliche (leggi articolo).
IL MANIFESTO DI FARE AMBIENTE. Durante il convegno, FareAmbiente ha presentato un manifesto in otto punti per ripensare la normativa, in vista del recepimento della direttiva nel nostro paese:
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