2 agosto 2021 16:23
É salito a sette il bilancio delle vittime dell'esplosione, seguita da un incendio, che il 27 luglio scorso ha devastato l'area di smaltimento rifiuti del Chempark di Leverkusen, in Germania, uno dei più grandi poli chimici del mondo.
Le vittime accertate sono cinque, ma non si nutrono speranze di trovare ancora in vita i due dispersi che ancora mancano all'appello. I feriti sono una trentina, di cui uno in pericolo di vita.
Il serbatoio interessato dall'esplosione conteneva residui liquidi della lavorazione di prodotti chimici per l'agricoltura; non è stata ancora accertata la dinamica dell'incidente, oggetto di indagini. Alcune sostanze pericolose si sono diffuse nell'aria in seguito all'incendio, ritenute però non di serio pericolo per gli abitanti dei centri vicini al sito.
A seguito dell'incidente, in Germania si è acceso un dibattito sulla sicurezza dei grandi poli chimici posti a ridosso dei centri abitati.
Al di là di ragione storiche, legate alla rapida industrializzazione di alcune aree, i chempark tedeschi come quelli di Leverkusen e Ludwigshafen, sono cresciuti anche in anni recenti perché una gestione di un grande insediamento è intrinsecamente più sicura rispetto a quella di una miriade di aziende chimiche disperse sul territorio: più facile controllare gli accessi, garantire un servizio antincendio tempestivo, gestire le acque reflue o i rifiuti pericolosi.
Paradossalmente, anche requisiti ambientali sempre più severi hanno favorito una concentrazione degli impianti in ottica di contenimento delle emissioni. Operatori come Currenta, si occupano di gestire tutte le attività "accessorie", con sinergie su molti fronti, a partire dai costi.
La vicinanza ai centri abitati, che oggi preoccupa l'opinione pubblica tedesca, non è dovuta tanto all'ampliamento dei poli industriali, quanto all'avvicinamento agli impianti delle propaggini delle città, in continua espansione.
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