Il Consorzio autonomo di riciclatori non nasconde le sue perplessità per come è stato redatto l'articolo 26 del decreto liberalizzazioni.
30 marzo 2012 06:45
Il Consorzio Autonomo Riciclo Plastica Italia (CARPI), che riunisce una trentina di aziende della filiera del riciclo, ha indetto una conferenza stampa a Milano per esprimere tutte le perplessità sul giro di vite introdotto con il decreto Liberalizzazioni e ribadisce la volontà di proporsi come alternativa, senza sovrapporsi, ai consorzi di filiera nel riciclo di materie plastiche nel nostro paese.
Nei passaggi tra Camera e Senato, il testo originario dell'articolo 26 (DL 1/2011) ha perso vigore. Se inizialmente prevedeva una sostanziale apertura ai produttori di imballaggi, consentendo loro di "organizzare autonomamente, anche in forma collettiva, la gestione dei propri rifiuti da imballaggio", nell'ultima stesura è bastato aggiungere la frase: "sull'intero territorio nazionale", per svuotare dal punto di vista pratico la portata del decreto. Perché è molto difficile che uno o più produttori di packaging in Italia siano in grado di mettere in piedi un sistema che si estenda da Bolzano a Oristano.
Il Consorzio Carpi, che gestisce il Sistema PARI per il riciclo di imballaggi terziari in polietilene, su superficie privata (non parliamo quindi di rifiuti solidi urbani), ha ribadito la volontà di muoversi in un contesto di "disciplina paritaria e trasparente coerente alla normativa UE, assumendosi oneri e onori per un ruolo attivo e responsabile"; pur rimarcando la sua specificità come soggetto autonomo: "Carpi e? promotore di una visione completamente diversa rispetto al passato, nella quale le aziende che si occupano del riciclo della plastica allungano e modificano il ciclo di vita dell’imballaggio e lo trasformano nella propria materia prima. Secondo questo principio, il Consorzio persegue l’obiettivo di passare dal concetto dell’usa e getta a quello dell’usa e recupera, minimizzando e differendo sempre più nel tempo il momento dello smaltimento finale".
Lavorare in Italia non è facile, hanno spiegato i rappresentanti del Consorzio durante l'incontro milanese, soprattutto alla luce dell’art. 26, che "non fa che peggiorare l’art. 221 del TUA, ostacolando di fatto lo sviluppo di una vera e libera concorrenza nel mercato della produzione e recupero degli imballaggi". "In fase di discussione dell’articolo - ha spiegato il direttore del Consorzio Alfeo Mozzato - era stata approvata una proposta che consentiva al singolo produttore di imballaggi, in accordo anche con altre aziende del settore, di opere al di fuori del sistema attualmente in vigore, introducendo inoltre un sistema cauzionale che, come gia? avviene in Europa, avrebbe permesso di realizzare il 'vuoto a rendere, con benefici sia per i consumatori finali sia per le imprese e gli enti locali".
"Nelle successive fasi di discussione queste proposte sono scomparse, con il risultato che l’attuale art. 26 risulta arretrato rispetto all’impostazione iniziale. Questo a dimostrazione di come, ancora una volta, non si e? voluto tener conto di quanto indicato dalla Commissione Europea e di quanto evidenziato più volte dall’Autorita? Antitrust, ossia di come il settore della gestione dei rifiuti di imballaggio in Italia e? da sempre caratterizzato da forti criticita? a livello concorrenziale".
“Con l’approvazione dell’art. 26, così come concepito oggi – ha aggiunto Gianfranco Picinali, presidente del Consorzio Carpi – si e? persa l’ennesima opportunità per impedire che gli interessi di pochi prevalessero sullo sviluppo economico del settore, e per usufruire dei vantaggi che ne sarebbero derivati per imprese e cittadini. Il tutto a ulteriore dimostrazione di come la situazione italiana costituisca un unicum nel panorama europeo.”
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