Il 29 luglio sciopero negli impianti del gruppo per protesta contro la ventilata la chiusura di impianti di raffinazione e cracking.
18 luglio 2014 13:13
I sindacati dei lavoratori chimici Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil hanno proclamato martedì 29 luglio uno sciopero, per l’intera giornata, in tutti gli impianti del gruppo ENI: raffinazione, produzione e perforazione, chimica e petrolchimica, comprese sedi direzionali, depositi, uffici commerciali e amministrativi, aziende territoriali. L’agitazione riguarda circa 30mila lavoratori. Lo sciopero sarà accompagnato da una manifestazione a Roma.
Un secondo sciopero di due ore, da definire a livello locale, sarà attuato nei soli impianti di raffinazione a livello nazionale.
I sindacati rispondono così ai ventilati interventi di ristrutturazione e chiusura di impianti di raffinazione e cracking in Italia. “L’annuncio shock dell’Eni di mettere in discussione l’intero impianto strategico della chimica e della raffinazione in Italia comporta pesanti ricadute sull’intero sistema industriale e occupazionale nel nostro paese, facendo terra bruciata sull’industria italiana - affermano in coro i tre segretari Miceli, Gigli, Pirani -. Questo il Governo lo deve sapere, in primis il Presidente del Consiglio!”
Secondo quanto riportano i sindacati, Eni garantirebbe la continuità operativa solo per la raffineria di Sannazzaro (Pavia) e della propria quota (50%) del sito di Milazzo. In forse le cinque raffinerie di Gela, Taranto e la seconda fase di Porto Marghera, oltre al petrolchimico di Priolo, a Siracusa. A Gela sarebbero stati revocati 700 milioni di investimenti già annunciati.
“Colpi di spugna – insistono i tre leader sindacali - su accordi e investimenti Eni già sottoscritti (Marghera, Gela, ecc.) sono inammissibili. Al Governo – ricordano - abbiamo chiesto l’immediata convocazione di un tavolo negoziale: se, come sostengono al ministero dello Sviluppo Economico, la politica industriale richiede anche di rivalutare l’intervento pubblico nell'economia, allora il Governo chiarisca se l'Eni risponde solo al mercato e alla Borsa o deve dar conto delle decisioni anche all'azionista di riferimento”. “Se è vero, come è vero, che l’Italia ha bisogno degli investimenti e della presenza industriale di Eni, non possiamo assistere inerti – concludono i tre segretari generali - ad un grande gruppo che rischia di uscire dall'industria. Ci batteremo con tutte le nostre forze affinché ciò non avvenga: è per questo che abbiamo l’obbligo di tenere uniti tutti i lavoratori del Gruppo”.
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