29 maggio 2018 07:40
Dopo il commento di PlasticsEurope (leggi articolo), arriva anche la risposta di EuPC - che rappresenta i trasformatori di materie plastiche - alla proposta di una nuova direttiva UE dedicata agli articoli monouso in plastica e alle attrezzature da pesca, annunciata ieri dalla Commissione europea (leggi articolo) per contrastare il fenomeno del marine litter.
La proposta della Commissione viene giudicata un attacco simbolico a una categoria di manufatti - gli articoli monouso in plastica - fuorviante e non presente nella classificazione dei prodotti industriali, che creerà confusione tra i consumatori contribuendo alla frammentazione del mercato unico.
EuPC contesta anche lo strumento scelto dalla Commissione, la direttiva, ritenuto da Bruxelles come quello più adatto ad evitare la frammentazione del quadro legislativo europeo, nonostante - afferma l’associazione dei trasformatori - la concreta attuazione della direttiva sugli shopper in plastica stia dimostrando proprio il contrario, con proliferazione di norme ed etichette.
In secondo luogo, le misure proposte dalla Commissione sembrano poco coerenti con i principi della Plastics Strategy e degli impegni volontari assunti dall’industria delle materie plastiche. Da un lato - sostiene EuPC - la Commissione vuole analisi sul ciclo di vita dei prodotti (LCA) per valutare le migliori opzioni ambientali; dall’altro, limita o vieta determinati prodotti in plastica senza analizzare quale opzione sia effettivamente la più sostenibile.
Alcune misure sono state estrapolate dalle recenti modifiche della direttiva su imballaggi e rifiuti da imballaggio, come gli schemi EPR (responsabilità estesa dei produttori) per sostenere i costi del marine litter e gli incentivi allo sviluppo di soluzioni più sostenibili. Tuttavia - sottolinea EuPC -, non è stata fornita alcuna indicazione su come affrontare gli aspetti legati ai comportamenti dei cittadini e all’educazione ambientale, giudicati elementi chiave per garantire un corretto smaltimento dei prodotti in plastica. In particolare - ricorda l’associazione - gli obblighi posti in capo ai produttori per coprire i costi di gestione e pulizia dei rifiuti e le misure di sensibilizzazione si basano, secondo la Commissione, sul principio “chi inquina paga”, assumendo che i produttori siano responsabili del comportamento di chi disperde i rifiuti nell’ambiente.
Inoltre - sottolinea il direttore di EuPC, Alexandre Dangis - è completamente sbagliata la tempistica del provvedimento: “mentre la Commissione Europea chiede all’industria di impegnarsi per un maggiore utilizzo di plastiche riciclate, vuole mettere al bando la produzione di alcuni articoli riciclabili. Questo è un segnale sbagliato, che manterrà i livelli di smaltimento in discarica ai livelli attuali, se le leggi europee sui rifiuti non verranno implementate in modo adeguato. Si potrebbe discutere se la Commissione sia in grado di influenzare gli Stati membri verso comportamenti ambientali adeguati, in linea con le direttive esistenti. Invece, sta attaccando una parte dell’industria vietando i prodotti".
Ultimo aspetto sollevato dai trasformatori, è che la proposta viene supportata da una valutazione d’impatto basata in larga parte su uno studio realizzato da una società di consulenza, pagata dalla Commissione, che ha anche lavorato per sostenere le lobbies contro le materie plastiche.
Nelle prossime settimane, EuPC analizzerà attentamente tutti i documenti messi a disposizione da Bruxelles, compresi i risultati della consultazione pubblica avviata dalla Commissione nei mesi scorsi e il parere del comitato di controllo (Scrutiny Board), per capire su quali basi la Commissione fondi la proposta e fornire maggiori informazioni sugli effetti negativi che queste misure potrebbero avere sul settore sull’ambiente.
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