18 settembre 2019 08:50
Dopo avere dimostrato la sua efficacia nella sperimentazione pilota avviata l’anno scorso in provincia Ferrara (leggi articolo), il progetto di prevenzione del river litter "Po d’aMare” è stato ora adottato dal comune di Torino, con l'obiettivo di valutarne l’idoneità anche all'interno di grandi centri urbani. Le barriere per intercettare i rifiuti plastici galleggianti sul fiume sono state infatti collocate in zona Murazzi, proprio in prossimità del centro storico, fra i ponti Vittorio Emanuele I e Umberto I.
COME FUNZIONA. Le tecniche di intercettazione e raccolta dei rifiuti sono state messe a punto dal Castalia Operations nell’ambito del progetto Seasweeper, che vede l’installazione di barriere galleggianti che consentono di raccogliere plastiche e altri rifiuti affioranti, trasportati dal fiume, senza interferire con la flora e la fauna.
Il sistema è composto da due moduli che resteranno in funzione fino a dicembre 2019. Tramite un’imbarcazione “Sea hunter” e operatori da terra, i rifiuti verranno raccolti in appositi cassoni e gestiti da Amiat, che provvederà a sua volta a conferire le plastiche presso un impianto Corepla che si occuperà della successiva valorizzazione dei materiali. Il materiale riciclato verrà quindi utilizzato per la produzione di arredi urbani che verranno regalati dai partner del progetto alla Città di Torino.
RISULTATI A CONFRONTO. I risultati di questa seconda sperimentazione, inoltre, verranno messi a confronto con la precedente attività di intercettazione, raccolta e riciclo dei rifiuti plastici sul delta del fiume Po. Sarà così possibile valutare la fattibilità di un sistema nazionale di prevenzione dei rifiuti marini tramite sistemi di raccolta nei principali fiumi italiani e, allo stesso tempo, verificare la possibilità di creare una filiera virtuosa di riciclo e recupero delle plastiche raccolte.
Nella prima sperimentazione, in un periodo di tempo di cento di giorni tra luglio e novembre 2018, erano stati intercettati dalle barriere 92 chilogrammi di plastica, pari al 40% di tutti i rifiuti galleggianti, soprattutto polietilene proveniente da fusti di capacità maggiore a 25 litri, imballaggi utilizzati in ambito agricolo o industriale. La frazione non plastica, invece, era costituita in larga parte da scarti vegetali, ma erano stati recuperati dal fiume anche contenitori in vetro.
Il progetto, fortemente voluto da Iren e Amiat, è stato predisposto da Fondazione per lo sviluppo sostenibile, i Consorzi Castalia e Corepla con il Coordinamento dell’Autorità di Bacino distrettuale del fiume Po, il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, dell’AIPO e la collaborazione della Città di Torino.
“Una corretta gestione dei rifiuti a terra è il gesto più importante per preservare i mari - è il commento del Presidente di Corepla, Antonello Ciotti -. Inoltre, la plastica raccolta in acque dolci è più facilmente riciclabile rispetto a quella raccolta in mare. La sperimentazione nella città di Torino vuole essere un ulteriore passo avanti 'collettivo' di imprese, amministrazioni pubbliche e centri studi per una corretta educazione alla tutela dell’ambiente, per nuove attività di ricerca e sviluppo, per una reale circular economy”.
Secondo Chiara Appendino, sindaca della Città di Torino: “La sperimentazione di modalità innovative per liberare il Po dalla spazzatura, separando la plastica da altra immondizia e l’avvio di un processo di riciclo del materiale raccolto è una eccezionale opportunità per proteggere la salute di fiumi e mari. Torino punta a diventare un città plastic free e ‘il Po d’aMare’ rappresenta anche un importante momento per sensibilizzare i cittadini nella difesa dell’ambiente naturale”.
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