Revet presenta uno studio sul carbon footprint nel riciclo di plastiche miste post-consumo.
22 agosto 2012 07:58
Revet, società che cura la raccolta e il recupero di rifiuti urbani in numerosi comuni toscani, ha recentemente investito nel riciclo di plastiche miste post-consumo, il cosiddetto plasmix, avviando anche progetti per favorire il riutilizzo di questi materiali in diversi ambiti applicativi, dai casalinghi a componenti automotive ed elementi per edilizia, sotto il marchio comune di "ri-prodotti in Toscana", commercializzati dalle aziende partner.
Per mostrare, numeri alla mano, il beneficio ambientale del riciclo di questi materiali, generalmente avviati a termocombustione, la società toscana ha commissionato alla società di consulenza E-cube uno studio sull’impronta ecologica di processo; si tratta, in particolare, di una comparazione tra i due percorsi industriali a cui può andare incontro la plastica mista (plasmix) proveniente dalle raccolte differenziate: il recupero di energia e il recupero di materia da riciclo meccanico.
La Carbon footprint di processo, espressa in tCO2eq (tonnellate di CO2 equivalente), non lascia spazio a molte interpetazioni: il riciclo meccanico appare nettamente meno impattante di quello energetico, se viene considerata anche la fase di combustione. Secondo lo studio, le emissioni totali legate allo scenario “Preparazione al recupero energetico” (produzione di CDR, combustibile da rifiuti) sono pari a 37.358,8 tCO2e/anno (ovvero 2.400 kgCO2e per tonnellata di rifiuto trattato) Per quanto riguarda invece lo scenario di “Recupero di materia” (produzione di granulo e profilati), le emissioni totali sono pari a 4.585,6 tCO2e/anno (ovvero 290 kgCO2e per tonnellata di rifiuto trattato).
“Lo scenario recupero energetico – spiegano nell’indagine Aldo Iacomelli e Marco Ricci di E-cube - ipotizza il ricorso al recupero energetico, così come oggi avviene in numerose realtà italiane ed europee, per l?intera frazione del plasmix. Se non considerassimo la combustione – che però è l?unico destino possibile per il CDR – la preparazione al recupero energetico avrebbe una carbon footprint di 2.163,6 tCO2e/anno”.
Lo scenario “Recupero di materia” corrisponde invece a quello dei progetti approvati da Revet e quindi a ciò che avverrà effettivamente nello stabilimento di Pontedera a partire dall’estate 2013, quando sarà a regime il nuovo impianto che consentirà di gestire internamente tutti i processi industriali per la trasformazione del plasmix, che oggi Revet demanda a partner esterni. Si tratta, in particolare, delle fasi di triturazione, lavaggio, densificazione, granulazione ed estrusione.
“Nel contesto dato, regionale e nazionale - commenta il presidente di Revet, Valerio Caramassi - il riciclaggio delle plastiche eterogenee, al netto degli scarti di processo, che è meglio recuperare energeticamente che non avviare a discarica, è preferibile al recupero energetico integrale dal punto di vista delle emissioni climateranti. Dal punto di vista economico, invece, il riciclo delle plastiche miste soffre di barriere burocratiche e di incentivazioni improprie come quelle approvate ultimamente sull’incenerimento dei rifiuti tal quali”.
Il plasmix è la frazione che resta dopo la selezione delle plastiche pregiate, come bottiglie e flaconi: una frazione in costante aumento, che rappresenta il 55-60% delle plastiche recuperate. Revet ne ottiene circa 15mila tonnellate l’anno dalle raccolte differenziate toscane.
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