Ottana Polimeri mette in cassa integrazione 88 addetti e ferma gli impianti. Ma in prospettiva c’è la riconversione alla chimica verde.
31 ottobre 2014 15:43
Ottana Polimeri, joint-venture nel PET tra Gruppo Clivati e Indorama, ha concordato con i sindacati la cassa integrazione straordinaria per gli 88 addetti del sito sardo dal prossimo 10 novembre fino al 9 novembre del 2015. Gli impianti, negli ultimi mesi, hanno funzionato a singhiozzo, in base alle campagne di consegna ai clienti italiani.
Come ha spiegato a Polimerica il patron di Ottana Polimeri, Paolo Clivati, produrre PET a Ottana non è oggi più conveniente: con la fine dei dazi alle importazioni extraeuropee, azzerati dalla Commissione Europea all’inizio di quest’anno, la resina proveniente dal Far East ha invaso il mercato italiano, distruggendo la marginalità della società; la chiusura dell’impianto ENI di Sarroch, che forniva il paraxilene a Ottana Polimeri, ha fatto il resto, togliendo ogni prospettiva alla filiera nazionale del poliestere. “Una scelta non certo lungimirante, quella di abolire i dazi - sostiene Clivati -, poiché mette in grave difficoltà i produttori locali”.
“Insieme con Indorama abbiamo ipotizzato un percorso di riconversione degli impianti alla produzione di polietilen-furanoato (PEF), una resina poliestere simile al PET, ottenuta interamente da materie prime rinnovabili”. Clivati conferma che sono in corso contatti con alcuni fornitori della tecnologia. Pur non citando il nome dell’azienda, non è difficile intuire che possa trattarsi di Avantium: la società biotech ha in fase avanzata di sviluppo una tecnologia per la sintesi di PEF (“YXY”), facendo reagire per via catalitica un acido bicarbossilico furanico (acido 2,5- furandicarbossilico, FDCA) ricavato da carboidrati con bio-etilenglicole. I carboidrati possono essere estratti da biomasse quali canna da zucchero, residui agricoli e cereali. Avantium ha in funzione a Geelen un impianto pilota, con la prospettiva di mettere in marcia il primo impianto commerciale nel 2016.
Questo è anche l’orizzonte temporale su cui lavora Ottana Polimeri: una volta individuato il partner tecnologico (ci sarebbe in lizza anche una società americana), il retrofit dell’impianto esistente potrebbe richiedere da 34 a 36 mesi, con un investimento nell’ordine dei 50 milioni di euro.
Dal punto di vista tecnologico, l’impianto di Ottana potrebbe essere riconvertito per produrre sia FDCA, sia il polimero PEF, importando - almeno in una fase iniziale - le materie prime biobased. L’ipotesi allo studio della joint-venture è di creare una capacità produttiva intorno alle 60mila tonnellate annue, circa la metà delle attuali (120.000 t/a di PET).
“La decisione definitiva non è stata ancora presa, bisogna fare i conti con i costi del processo, valutare la domanda potenziale e stimare i margini che potrebbe offrire questo biopolimero, al quale paiono molto interessati alcuni importanti produttori di bevande e imballaggi - conclude Clivati -. Apriremo nei prossimi giorni un tavolo di confronto con Regione e parti sociali per valutare il piano”.
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