29 gennaio 2016 08:10
La recente visita in Italia del presidente iraniano Hassan Rouhani, in concomitanza con il progressivo smantellamento del regime sanzionatorio durato nove anni, lascia intravedere interessanti opportunità per il sistema industriale italiano, che punta a tornare ad essere, come un tempo, il primo partner commerciale della Persia. Per i grandi gruppi in primo luogo, ma anche per molte piccole e medie aziende del settore metalmeccanico, tra cui i costruttori di macchine per la lavorazione di materie plastiche e gomma, partner storici delle industrie trasformatrici iraniane.
Attualmente l’Italia è il secondo partner commerciale europeo, alle spalle della Germania, con un interscambio intorno a 1,6 miliardi di euro e un saldo a nostro favore di 714 milioni. Giro d'affari in costante crescita, anno dopo anno, ma ancora inferiore - e non di poco - ai 7 miliardi di euro del 2010.
Abbiamo chiesto al direttore di Assocomaplast, Mario Maggiani (nella foto), di fare il punto sulle relazioni commerciali con l’Iran per quanto concerne le tecnologie per la lavorazione di plastica e gomma.
I rapporti tra Italia e Iran nel settore delle macchine per materie plastiche sono di lunga data. Quanto vale oggi per il made in Italy settoriale il mercato iraniano? E quanto valeva prima dell’entrata in vigore delle sanzioni?
L’Iran è sempre stato, fino all’introduzione delle sanzioni, uno dei principali paesi di destinazione dell’export italiano di macchine, attrezzature e stampi per materie plastiche. Non è mai entrato nella TOP 5, ma si è sempre piazzato nelle prime 10-15 posizioni.
Dal 2000 le nostre vendite al paese sono costantemente cresciute, raggiungendo il massimo nel 2005 con forniture per un valore di poco inferiore ai 70 milioni di euro.
Anche nel periodo delle sanzioni, i flussi, seppur in sensibile contrazione, non si sono mai arrestati: le vendite hanno toccato 29 milioni di euro nel 2011 e nel 2014, intorno a 12 milioni nel 2012 e nel 2013. I dati relativi ai primi 9 mesi del 2015 evidenziano forniture all’Iran per oltre 11 milioni.
Con la progressiva caduta delle sanzioni ritiene ci siano opportunità per una crescita delle vendite di tecnologie italiane?
In linea di principio, i macchinari del settore non ricadono nell’ambito del cosiddetto “dual use”. Ciò che ha realmente frenato le relazioni commerciali non è stato il divieto all’export, ma il blocco delle transazioni finanziarie che gli Stati Uniti hanno di fatto imposto a tutte le banche europee, rendendo quasi impossibile, per le nostre aziende, ricevere pagamenti dall’Iran.
Dove si prospettano le migliori opportunità per il made in Italy?
Con la caduta delle sanzioni si aprono scenari molto interessanti per tutta l’industria italiana ed in particolare per quella legata al mondo dei macchinari. L’industria automobilistica e quella alimentare - ovvero il packaging - hanno estremo bisogno di rinnovare il proprio parco macchine. Se la Cina ha incrementato considerevolmente le sue vendite ai trasformatori iraniani, non è tuttavia riuscita - per quanto si possa generalizzare - a convincere le aziende locali da un punto di vista tecnologico.
A livello associativo avete in programma attività o iniziative congiunte per promuovere i nostri impianti nel paese?
Ho fatto parte, insieme al presidente di Assocomaplast Alessandro Grassi, alla delegazione italiana cappeggiata dal Vice Ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, che lo scorso novembre si è recata a Teheran. In quell’occasione, sia a livello governativo che di imprenditoria locale, è stata più volte sottolineata l’importanza di recuperare il tempo perduto e riavviare la stretta collaborazione che nel settore petrolchimico ed in particolare della plastica (ma anche della gomma) ha contraddistinto le relazioni far i nostri due paesi.
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