16 novembre 2020 08:50
Sono stati presentati nei giorni scorsi i primi risultati del progetto Manta River, sperimentazione scientifica di campionamento e provenienza delle microplastiche nel fiume Po realizzata dall’Autorità Distrettuale del Fiume Po in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma, Arpa Daphne e AIPo. Risultati (sintesi del report scaricabile QUI) che evidenziano come la situazione nel più lungo fiume italiano non sia critica, pur partendo dal presupposto - affermano i ricercatori - che la presenza di microplastiche rappresenta comunque un problema da risolvere al meglio con azioni concrete.
"L'incremento del numero dei depuratori e il conseguente livello di depurazione hanno prodotto, con il trascorrere del tempo, esiti positivi e che l’introduzione della pratica della raccolta differenziata in vaste aree del Nord del paese sta dando progressivamente buoni frutti anche da questa prospettiva - rilevano i ricercatori -. Tutto questo però non deve assolutamente far abbassare la guardia nella lotta all’abbattimento di tutte le possibili quantità e presenze di materiali plastici (macro e micro) nelle acque dei nostri fiumi, ma rafforzare il convincimento che la strada imboccata è quella dei comportamenti virtuosi e azioni corrette".
I materiali sono stati raccolti in quattro punti di prelievo lungo il fiume: sul totale dei materiali raccolti su cui è stato possibile determinare la provenienza emerge un 22% di materiali industriali da imballaggio, un 10% provenienti da sorgenti civili e un 56% di provenienza da scarichi di depuratori, pesca, rifiuti di origine civile e sanitaria o agricola.
Lo studio ha identificato, oltre alla tipologia dei materiali campionati, anche il tipo di polimero per ogni particella analizzata, la caratterizzazione morfologica e morfometrica delle microplastiche e la correlazione tra il polimero e attributi morfologici e morfometrici delle microplastiche rinvenute. In dettaglio, nelle acque del Po sono stati individuati: frammenti (per il 90% costituiti da polietilene); filamenti di nylon e poliolefine derivati dalla degradazione di corde, tessuti e fili per la pesca; scaglie di poliolefine e di EPS, frutto della degradazione dei rifiuti plastici di maggiori dimensioni; granuli (PE e PP per il 95%) utilizzati per lo più nelle lavorazioni industriali.
Interessante anche la comparazione dell’acqua del fiume Po con le ricerche periodiche effettuate sui grandi corsi d’acqua mondiali ed europei: se il livello della sperimentazione Manta River Project attesta le acque del Po ad un numero su unità di volume di microplastiche oscillante tra il 2,06 e 8,22, la Senna in Francia è tra il 9,6 e 63,9 (ricerca 2019 Alligant), Oujiang, Minjiang Cina su 100-4100 (ricerca Zhao 2019), il Tamigi in Gran Bretagna si attesta su valori di 14,2-24,8 (ricerca Rowley 2020), Clyde, Bega e Hunter estuary in Australia 98-1032 (ricerca Hitchcock & Mitrovic 2019)".
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