Fabbriche ferme in attesa di capire come ottenere un certificato che allo stato attuale non esiste. [Aggiornamento]
8 giugno 2012 05:45
[Aggiornamento]: Il DL n. 74 del 6 giugno 2012 per la messa in sicurezza dei capannoni in Emilia dettaglia gli interventi minimi richiesti per riaprire gli stabilimenti. Un approfondimento su Casa&Clima.com
Passati i giorni dell'emergenza, il terremoto dell'Emilia Romagna sarà ricordato per l'alto numero di vittime sotto le macerie dei capannoni industriali rispetto ai decessi avvenuti tra le mure domestiche. Una ragione è senz'altro legata alla forte vocazione industriale del territorio, che fa sì che la maggior parte degli occupati lavori in fabbrica. Un'altra è connessa alla tardiva introduzione delle norme antisismiche (avvenuta nel 2005) in un'area che si è sempre pensato fosse al sicuro dai grandi terremoti. Il risultato è che strutture non progettaate per resistere a scosse di tale intensità sono crollate o risultano gravemente danneggiate.
La maggior parte degli stabilimenti non ha subito danni dalla scossa del 29 maggio né da quelle seguenti, ma operai, manager e titolari non possono tornare al lavoro; per ragioni precauzionali, infatti, una norma varata il 30 maggio scorso dal Consiglio dei Ministri richiede una certificazione di "agibilità sismica" prima di poter riaprire i cancelli delle fabbriche.
In una successiva ordinanza della Protezione Civile, il 2 giugno scorso, si ribadisce l'obbligatorietà di questa certificazione, senonché un ingegnere che si occupa delle verifiche presso le aziende si è accorto che la fattispecie non è prevista a livello normativo, ovvero non esistono procedure operative, percorsi tecnici di verifica né tantomeno certificazioni che attestino, appunto, l'"agibilità sismica" di un edificio. E che chiunque l'avrebbe concessa avrebbe di fatto firmato un assegno in bianco, assumendosi ogni responsabilità presente e futura.
Per mettere una pezza su un provvedimento che avrebbe di fatto congelato l'attività produttiva in una delle aree più industrializzate del paese, nel decreto pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale viene chiarito che per riprendere immediatamente il lavoro nelle fabbriche occorre dimostrare un livello minimo di sicurezza (60%), che nell'arco di sei mesi (180 giorni) dovrà salire al 100%. Per i capannoni danneggiati, invece, sono previsti sei mesi per mettere a punto gli interventi necessari a raggiungere la soglia minima di agibilità. La certificazione dovrebbe essere rilasciata da squadre di 2-3 tecnici abilitati dopo avere svolto un apposito corso; in assenza di carenze strutturali, l'agibilità sismica potrebbe essere attestata immediatamente; fermo restando che entro tre mesi, un professionista abilitato dovrà comunque svolgere una verifica sismica completa.
Resta da chiarire la responsabilità dei proprietari dei capannoni e degli imprenditori. Una circolare emessa nei giorni scorsi dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ricorda infatti che nessuna liberatoria esonera il datore di lavoro dalle sanzioni penali legate alla sicurezza dei luoghi di lavoro; requisito previsto nell'allegato IV del Decreto Legislativo 81/2008 che, se non rispettato, rende nulla qualsiasi ordinanza.
Ma quanti sono i capanoni danneggiati? La Regione Emilia segnala che sono stati effettuati, al 6 giugno scorso, 2600 sopralluoghi AeDES (Scheda rilevamento danno, pronto intervento e agibilità per edifici ordinari nell’emergenza post-sismica) effettuati dalle squadre di rilevatori formati nel corso “valutazione di agibilità e rilievo del danno” organizzato dal Dipartimento e dalla Regione. Di questi, circa 700 sono stati effettuati nella provincia di Bologna, oltre 1000 in provincia di Ferrara, circa 650 in provincia di Modena e oltre 150 in provincia di Reggio Emilia. Dai primi esiti dei sopralluoghi emerge che oltre un migliaio di edifici, ovvero il 40% di quelli esaminati, risultano agibili con esito A; quasi 500, il 18% circa, sono temporaneamente inagibili con esito B; 170 circa sono parzialmente inagibili (esito C); 50 circa sono inagibili temporaneamente, ma da rivedere con approfondimenti (E). In 750 casi, il 28% del totale, è stata invece riscontrata inagibilità con esito D e altri 130 edifici sono inagibili, ma per cause esterne (F).
Nel frattempo alcune imprese hanno ripreso l'attività all'aperto, sotto strutture di fortuna, come tendoni e tensostrutture, oppure hanno momentaneamente trasferito gli impianti in capannoni dislocati in aree non colpite dal terremoto, distanti talvolta pochi chilometri, ma non ricomprese nell'ordinanza della Protezone Civile. Per chi fosse interessato, un elenco delle strutture disponibili per le imprese modenesi è online sul sito del Consorzio attività produttive aeree e servizi della Provincia di Modena (www.capmodena.it).
Cerchiamo immagini e testimonianze di aziende del settore gomma-plastica che hanno ripreso a lavorare (in sicurezza) nelle aree colpite dal terremoto: redazione@polimerica.it
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