12 ottobre 2012 13:36
Il seminario "L’industria delle materie plastiche in Italia: quali strumenti per la competitività", tenutosi giovedì pomeriggio alla LIUC di Castellanza, meritava forse un pubblico più numeroso, visto che sono stati affrontati i temi che oggi stanno a cuore a qualsiasi imprenditore: a che punto siamo, come sarà lo scenario post-crisi e cosa si può fare per affrettare l'uscita della propria azienda dal tunnel?
Un'analisi a più voci con due interventi portanti, ricchi di informazioni e dati, ma soprattutto di stimoli: l'introduzione del direttore del centro studi di Federchimica Vittorio Maglia e la relazione dell'economista Marco Fortis, vice presidente della Fondazione Edison.
Maglia ha alternato cattive e buone notizie: l'Italia è in recessione, ma bisogna aver fiducia nella crescita mondiale e nella capacità di spesa e d'investimento dei paesi emergenti; non aspettiamoci, in Italia, di vedere una ripresa l'anno prossimo (e forse nemmeno nel 2014), ma chi lavora per i mercati esteri uscirà prima dal guado e, come dimostrano alcuni casi di eccellenza, può crescere e guadagnare competitività anche in tempo di crisi.
C'è anche poco da illudersi sullo scenario macro: i prezzi delle materie prime non scenderanno nel medio periodo, a causa della domanda dei paesi emergenti, e dell'euro debole non potremo avvantaggiarci a lungo.
E passata la bufera, nulla sarà come più prima: sei anni (e forse più) di recessione hanno avuto ripercussioni strutturali sulla domanda e l'offerta, agendo in profondità sui comportamenti e sulle aspettative di consumatori e imprese. L'Italia, d'altro canto, uscirà dalla crisi rafforzata, con produzioni di maggiore qualità e più orientata all'export.
La parola è quindi passata a Marco Fortis, piuttosto noto agli imprenditori del manifatturiero per le sue ricerche di politica industriale - è tra i pochi ad occuparsi dei settori della meccanica e del comparto gomma-plastica - e per il paradigma delle 4 A; lettera che identifica i settori di punta del made in Italy: Alimentari e vini; Arredo-casa; Abbigliamento; Automazione, meccanica e gomma-plastica.
Fortis è conosciuto anche per le sue posizioni "eretiche" sullo stato di salute della nostra economia, a suo dire sottostimato rispetto ad alcuni fondamentali: debito privato (basso), debito aggregato pubblico + privato (in linea con quello di altri paesi considerati più virtuosi), crescita e competitività delle imprese industriali italiane export-oriented (di assoluta eccellenza). Elementi che non si riflettono positivamente sullo spread perché non siamo capaci di trasmetterli ai mercati finanziari (in altra sede, Fortis ha sollecitato, a questo proposito, una riforma "reputazionale").
Ciò che frena la crescita del sistema nel suo complesso è la stagnazione del mercato interno, ulteriormente depresso dalle manovre recessive del Governo, che - oltre tutto - ha chiuso ormai da tempo i rubinetti della spesa pubblica destinata ai grandi investimenti infrastrutturali.
Ma se andiamo a vedere il nostro settore manifatturiero, le cose non vanno poi così male. Il surplus commerciale è di 82 milioni di euro, addirittura superiore a quello pre-crisi (64 miliardi). Insieme a Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud, siamo tra gli unici paesi del G20 a poter vantare un avanzo commerciale. Veniamo alle 4A: dopo la crisi del 2008 le esportazioni di questi comparti sono tornate a crescere raggiungendo l'anno scorso un saldo commerciale con l'estero positivo per 108 miliardi di euro, 74 dei quali imputabili proprio alla "quarta A", Automazione, meccanica non elettronica e gomma-plastica.
Tra i settori che fanno parte della quarta A c'è anche la produzione di articoli in plastica e gomma, che l'anno scorso ha messo a segno un surplus commerciale di 4,7 miliardi di euro: 879 milioni di attivo per lastre, foglie, film e nastri; 590 milioni di euro nel caso di tubi e accessori e altrettanti dagli imballaggi. In pesante passivo, invece, gli pneumatici nuovi (-866 milioni di euro). Un contributo positivo viene anche da stampi, macchine e impianti per la trasformazione dei polimeri, tornati ai livelli pre-crisi per quanto concerne le vendite all'estero, con un surplus commerciale di 1,8 miliardi di euro.
Il saldo complessivo dell'intera filiera gomma-plastica - ha ricordato Fortis - è stato pari l'anno scorso a soli 2,2 miliardi di euro, ma il dato è stato fortemente condizionato dalle importazioni di polimeri vergini (-4,3 miliardi) , senza le quali il surplus avrebbe raggiunto i 6,5 miliardi di euro.
A chiusura dell'incontro, tre casi di eccellenza italiana del settore, presentati dai protagonisti: il primo riguarda Tria, costruttore di macchine per il recupero e trattamento di scarti in plastica, che negli anni ha saputo internazionalizzarsi, aprendo filiali commerciali e produttive all'estero (Brasile e, presto, anche Stati Uniti), mantenendo però il cuore della produzione nel nostro paese, come ha spiegato l'AD Luciano Anceschi. Il secondo caso, illustrato da Paolo Groppi, è quello Vinyloop, l'impianto per il riciclo di PVC "sporco" avviato dieci anni fa da una joint-venture a maggioranza SolVin. Infine, Enoplastic, una realtà da 61 milioni di euro e 300 addetti operante nella produzione di capsule e tappi sintetici, che dalla campagna varesina ha saputo imporsi in tutto il mondo, come ha raccontato l'Amministratore delegato Michele Moglia. Se l'Italia non è oggi al livello della Grecia o della Spagna lo dobbiamo anche a imprenditori come loro.
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