Il piano del Commissario è cedere i due stabilimenti attivi di Gallarate e di Tradate nonché gli asset di Minerbio e Parigi.
13 novembre 2013 08:02
Dopo l’annuncio dell’avvio della procedura di amministrazione straordinaria alla Gallazzi, abbiamo sentito il nuovo direttore generale Antonino Crisafulli, nominato dal commissario Aldo Mainini, per avere qualche dettaglio in più sui piani futuri della società.
Il piano presentato al Tribunale di Milano prevede la cessione, entro un anno, dell’insieme di partecipazioni e degli asset produttivi. Due quelli ancora in attività: lo stabilimento di Gallarate, dove si produce nastro di PVC e il sito di Tradate, specializzato nell’estrusione di film PVC rigido per applicazioni farmaceutiche. Altri due siti, anch’essi in vendita, sono invece fermi: quello di Minerbio (BO) e lo stabilimento nei pressi di Parigi. Nel complesso, la capacità produttiva installata è pari a 45.000 tonnellate annue, con 250 addetti ancor in attiviità. La società ha realizzato nel 2012 un giro d’affari di circa 90 milioni di euro, con un Ebitda a doppia cifra nel 2013.
Interessate a rilevare la Gallazzi vi sarebbero già alcune realtà. L’identikit del possibile acquirente è un soggetto dotato della necessaria competenza industriale, che garantisca la salvaguardia del patrimonio produttivo e la continuità produttiva. Il Ministero dello Sviluppo economico definirà nelle prossime settimane le modalità dell'operazione.
La storia della crisi è raccontata nella sentenza del Tribunale di Milano che decreta l’amministrazione straordinaria. Fondata nel 1984, Gallazzi è entrata in crisi dopo il 2008 per la concomitanza della crisi finanziaria e dell’aumento dei costi di materie prime ed energia, in un contesto di eccessivo indebitamento accumulato nell’ultimo decennio. Indebitamento dovuto a investimenti per linee interne ed esterne, tra cui l’acquisizione dello stabilimento Lucchesi di Minerbio (BO) nel 2003 e lo stanziamento per ammodernare, negli anni 2000 - 2002, lo stabilimento di Tradate, adeguandolo ai requisiti qualitativi richiesti dal mercato farmaceutico.
Le perdite di esercizio sono state pari a 2,7 milioni di euro nel 2009, salite a 8,7 milioni nel 2012, fino a toccare 71,7 milioni di euro nel 2012 (valori di bilancio legati alle dismissioni ed alla situazione di dichiarata insolvenza) anche a causa di un blocco tecnico agli approvvigionamento di resine.
La situazione complessiva ha portato, nel dicembre dello scorso anno, alla richiesta di ammissione alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale. Il primo passo del piano di ristrutturazione ha portato alla chiusura dello stabilimento di Minerbio e alla messa in cassa integrazione dei 164 dipendenti. Misure che non sono servite però a fermare l’emorragia.
L’ultimo atto avviene nel giugno di quest’anno, con banche e creditori che bocciano il piano finanziario presentato dalla proprietà. Il 3 luglio viene quindi depositato al tribunale di Milano il ricorso per l’accertamento dello stato di insolvenza, decretato nei giorni scorsi.
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