25 gennaio 2017 07:48
In tema di inquinamento dell’ambiente e dei mari, negli ultimi anni l’indice è stato puntato - a torto o a ragione - contro le materie plastiche, accusate di essere tra i maggiori responsabili. Il discorso vale anche per le bioplastiche biodegradabili e compostabili? Questione non scontata, poiché si tende a pensare che essendo biodegradabili in suolo (anche se spesso in condizioni di compostaggio industriale), questi materiali possano vantare credenziali verdi, o almeno più verdi rispetto alle plastiche convenzionali.
POSITION PAPER AMBIENTALISTA. Su questo delicato tema, alcune associazioni ambientaliste (Friends of the Earth Europe, Zero Waste Europe, European Environmental Citizens Organisation for Standardisation -ECOS ed European Environmental Bureau) hanno recentemente pubblicato un ‘position paper’ (in allegato) che distingue nettamente tra benefici in termini di minore impronta al carbonio e capacità di fornire una soluzione all’inquinamento di coste e mari, sottolineando che “le bioplastiche non risolvono molti di questi problemi e potrebbero crearne di nuovi”.
I LIMITI DELLE BIOPLASTICHE. Secondo il documento, i manufatti in bioplastica, a causa del materiale utilizzato e del design più complesso, possono creare difficoltà nelle fasi di raccolta e riciclo, mentre - come le plastiche tradizionali - possono finire la loro vita in discarica, negli inceneritori o nell’ambiente marino, comportandosi allo stesso modo. Inoltre, la presunzione di biodegradabilità può incentivare l’abbandono nell’ambiente, contaminare i flussi di riciclo dei rifiuti in plastica, o incrementare i costi della gestione dei biowaste.
Si tratta di argomenti già portati all’attenzione dai produttori di packaging e di altri manufatti in plastica convenzionale. La novità è che le stesse motivazioni vengono ora rilanciate da associazioni ambientaliste, non legate all’industria chimica.
CAMBIARE LE ABITUDINI. La ragione di questo ‘attacco’ è riportata nello stesso position paper: la soluzione - secondo gli estensori del documento - non è sostituire quanta più plastica possibile con bioplastiche, quanto ridurre tout-court l’utilizzo di materiali plastici e, in particolare, di articoli monouso in plastica. Punto. Non saranno soluzioni tecnologiche o il redesign a risolvere il problema - come invece sta provando a fare l’industria con diverse iniziative - quanto ripensare alla nostra cultura consumistica, dell’usa-e-getta, e cambiare gli stili di consumo e produzione.
La soluzione - secondo i firmatari del documento - è puntare sulla prevenzione e il riutilizzo dei materiali.
Le bioplastiche possono giocare un ruolo positivo nella transizione verso una vera economia circolare, ma solo se il loro sviluppo si basa su un consumo compatibile con i limiti del nostro pianeta, un approvvigionamento etico e locale, efficienza delle risorse, prevenzione nella formazione di rifiuti, come nel loro riutilizzo e riciclo.
POLITICHE COMUNITARIE. In questo senso, l’Unione europea dovrebbe assicurare che le decisioni politiche e le iniziative rilevanti per materiali plastici e bioplastiche - in particolare la revisione della direttiva imballaggi, le strategie sull’uso delle plastiche e sulla bioeconomia - promuovano soluzioni che si muovano verso l'alto nella gerarchia dei rifiuti e non verso il basso. E ai consumatori dovrebbero essere inviati messaggi inequivocabili sui limiti di biodegradabilità e riciclabilità delle bioplastiche.
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