4 ottobre 2017 08:12
Dopo due anni di moratoria, il Governo scozzese ha deciso di mettere al bando le attività di fracking per l’estrazione di shale-gas. Nell’annunciare al decisione, il ministro per l’energia, Paul Wheelhouse, ha affermato categoricamente che le tecniche di estrazione mediante frammentazione idraulica saranno vietate a tempo indeterminato.
La decisione è stata aspramente criticata da Ineos, che accusa le autorità scozzesi di aver voltato le spalle ad una “possibile rinascita industriale e occupazionale”, dopo aver tenuto per due anni il settore in una sorta di limbo. Il gruppo chimico britannico - che oggi importa shale-gas dagli USA, ma che ha acquisito numerose licenze di esplorazione e sfruttamento nel Nord del Regno Unito - ritiene infatti che le attività nell’estrazione e sfruttamento dei giacimenti potrebbero portare alla creazione di oltre tremila posti di lavoro e rendere più competitiva l’industria chimica nazionale.
Mentre l’estrazione di petrolio e gas nel Mare del Nord è in declino - afferma Ineos - lo shale-gas potrebbe offrire alla Scozia l'occasione per rivitalizzare la sua economia energetica. Poichè il gas naturale è indispensabile all’economia scozzese - argomenta il gruppo britannico - con la decisione di vietare il fracking il gas diventerà un costo e non più una fonte di reddito. In termini di mancati investimenti, sempre secondo la società, si perderanno così 33 miliardi di sterline nei prossimi vent’anni.
La fratturazione idraulica consiste nell’iniettare acqua (opportunamente additivata) ad alta pressione all’interno di rocce al fine di liberare il gas o il petrolio presente nelle porosità. Si tratta di una tecnica ampiamente diffusa - non senza polemiche - negli Stati Uniti, utilizzata a partire dagli anni ’80 anche nel Regno Unito, in circa 200 giacimenti, prima della moratoria imposta dal Governo scozzese sull’onda delle proteste popolari.
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