19 giugno 2018 11:00
L’amministrazione Trump ha inserito il 15 giugno scorso numerose materie plastiche (polietilene, polipropilene, stireniche, resine viniliche e policarbonato) e diversi prodotti chimici nella seconda lista di articoli cinesi che saranno colpiti, a partire dall’estate, da pesanti dazi all’importazione sul mercato nordamericano. Elenco che si aggiunge a quello diffuso in aprile, dove tra gli oltre 1.300 prodotti cinesi, per un valore di oltre 50 miliardi di dollari, erano presenti anche macchine e impianti per la trasformazione di materie plastiche, tra cui presse ad iniezione, estrusori, soffiatrici, termoformatrici, stampi e filiere.
Una decisione che non è piaciuta all’American Chemistry Council (ACC), la potente associazione dell’industria chimica statunitense, che si dichiara delusa di non essere stata ascoltata dall’amministrazione, a cui aveva fatto appello per mantenere fuori l’industria chimica dalla guerra commerciale con la Cina. Cosa che inevitabilmente avverrà, visto che nel secondo elenco di 284 prodotti annunciato dal governo americano, materie plastiche, olii lubrificanti e altre sostanze chimiche valgono quasi 2,2 miliardi di dollari di importazioni dalla Cina.
“La chimica entra nel 96 percento di tutti beni prodotti ed è la base per l’intero comparto manifatturiero nordamericano - sottolinea l’Associazione -. Ciò che apporta alla chimica un vantaggio competitivo, ovvero minori costi delle materie prime e degli impianti, in ultima analisi aiuta a contenere i costi per le imprese e per i consumatori americani, senza contare che questo settore rappresenta il 14% di tutte le esportazioni statunitensi”. “La Cina è uno dei partner commerciali più importanti per l’industria chimica americana - aggiunge ACC -. L’anno scorso ha importato 3,2 miliardi di dollari di materie plastiche, pari all’11% dell’intera produzione USA”.
“L’avvio di una guerra commerciale - sottolinea l’associazione dei produttori americani - favorirà solo l’industria chimica cinese, oggi in forte crescita, a spese di quella statunitense”.
Il timore di ACC è che la Cina risponderà imponendo tariffe penalizzanti alle esportazioni americane di sostanze chimiche, intermedi e prodotti finali con un elevato contenuto di chimica, come i prodotti per uso agricolo e le automobili. Con un impatto che potrebbe toccare anche l’occupazione: secondo l’American Chemistry Council, la flessione della domanda potrebbe colpire, direttamente o indirettamente, 24mila posti di lavoro. Senza contare gli investimenti annunciati per l’ampliamento degli impianti chimici: circa la metà dei 194 miliardi di dollari già pianificati potrebbe infatti essere cancellata o sospesa.
ACC esorta quindi il Governo e il Congresso a fermare immediatamente la guerra commerciale con la Cina, evitando così pesanti danni alle imprese e ai cittadini americani.
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