In una
maxi operazione che ha visto la partecipazione di
200 finanzieri di diverse regioni italiane sono state eseguite questa mattina
12 ordinanze cautelari delle quali 9 in carcere e 3 ai domiciliari nei confronti dei membri di una organizzazione criminale costituita da
90 società, alcune delle quali operanti nel settore
calzaturiero e delle
materie plastiche, ramificata in
9 regioni italiane. Le accuse sono plurime: associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, reati fiscali, riciclaggio e auto-riciclaggio di oltre 130 milioni di euro; 144 nel complesso gli indagati.
Al vertice dell’organizzazione criminale è stato individuato un
imprenditore 46enne di
Montegranaro, in provincia di Fermo, con precedenti penali anche in bancarotta fraudolenta, così come il suo braccio destro. Coinvolto nella vicenda anche un
finanziere in servizio nel fermano, accusato di violazione del segreto d’indagine e di corruzione per aver passato informazioni sull’esistenza dell’indagine ad un intermediario. L’organizzazione si sarebbe anche avvalsa della consulenza di un
commercialista radiato dall’ordine, finito in carcere insieme ad alte 8 persone, fra le quali il capo dell’organizzazione.
L’indagine “
Background" era partita tre anni fa da una segnalazione di carattere finanziario della Direzione Nazionale Antimafia, relativa ad
ingenti flussi di denaro che venivano travasati da conti correnti di società di capitali verso rapporti bancari e postali di ditte individuali intestate e persone fisiche e prestanome, con successivi prelievi di contante. L'indagine è stata in seguito completata con gli elementi acquisiti nel corso delle verifiche e dei controlli fiscali condotti dalle fiamme gialle.
Il meccanismo è quello ormai rodato delle
cartiere: società e ditte individuali hanno emesso negli anni - probabilmente già a partire dal 2014 - fatture per operazioni inesistenti per un valore di oltre
130 milioni di euro a favore di soggetti terzi - aziende operanti in Lazio, Veneto, Campania, Lombardia, Toscana, Valle d’Aosta, Emilia Romagna e Abruzzo - che potevano così
detrarre costi fittizi dal reddito d’impresa e dal credito Iva; il denaro pagato a fronte delle fatture fittizie veniva restituito dopo che questo, attraverso un rodato sistema di transazioni bancarie, veniva prelevato in
contanti dai titolari delle ditte individuali asserviti agli interessi dei membri dell’associazione, che dal giro di carte guadagnavano una commissione.
L’indagine, ancora in corso, riguarda anche il
fallimento di
7 società attive nel
commercio di
pelli e
materie plastiche, con sedi fra Marche, Emilia Romagna, Lazio e Lombardia. Le somme distratte in questo modo al fisco ammonterebbero a quasi
15,5 milioni di euro, mentre è di 26 milioni il totale delle somme
riciclate; importi che sarebbero stati impiegati anche in altre attività lecite che garantivano ai membri dell’organizzazione ulteriori introiti. Sono in corso
80 perquisizioni per acquisire elementi utili alle indagini. Dalle intercettazioni emerge anche che l’imprenditore arrestato voleva utilizzare le società di comodo per usufruire delle
agevolazioni e delle misure a sostegno dell’economia stanziate a seguito emergenza
Covid-19 sfruttando i falsi volumi d’affari generati in passato.
"
Con me la Finanza non ce la fa, perché ho 50 aziende, tutte collegate, tutto un miscuglio: ci voglio 20 anni alla Finanza per trovare una fessura”, sono le
parole dell’imprenditore arrestato captate in una delle intercettazioni telefoniche condotte a fine maggio dai militari delle fiamme gialle.
L’organizzazione aveva anche una
base all’estero, utile per far confluire i profitti illeciti verso alcuni paesi dell’Est Europa e nello stato americano del Delaware. Tra i membri del sodalizio criminale c’erano anche alcuni
cittadini argentini ed esponenti della
malavita organizzata
siciliana e
campana.
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