Secondo Anfia, il settore è vivo e vitale nonostante la violenza della crisi.
Si è tenuta l'8 luglio a Torino l'Assemblea del Gruppo Componenti di Anfia, occasione per fare il punto sulla filiera della componentistica automotive italiana. Si tratta di un comparto in cui operano 2.600 aziende, soprattutto piccole e medie, che occupano nel complesso oltre 170mila addetti. Il giro d'affari è stimato in quasi 38 miliardi di euro (di cui la metà nel solo Piemonte), il 3% circa investito in R&D, con esportazioni intorno al 34%. Una filiera che concorre all'attivo della bilancia commerciale per 6 miliardi di euro in tempi normali (almeno fino al 2008), e per 4 miliardi lo scorso anno.
“L’automotive sta subendo una profonda trasformazione a livello globale - ha dichiarato Mauro Ferrari, Presidente del Gruppo Componenti Anfia e Vice Presidente dell'Associazione -. Il baricentro produttivo si sposta velocemente verso i Paesi del BRIC e dobbiamo riflettere sulle opportunità che questo processo ci offre”. Per Ferrari, concentrarsi su questi mercati emergenti significa soprattutto sfruttare l’altissimo potenziale di crescita della domanda locale, che rappresenta un’opportunità più che una minaccia competitiva: “Abbiamo 4 miliardi di consumatori che si affacciano al mercato e qualche centinaio di milioni di nuovi ricchi”.
‘‘Nonostante la violenza della crisi, la componentistica italiana è viva e vitale - ha aggiunto Ferrari -. Come emerge dai risultati dell’Osservatorio della filiera autoveicolare italiana, le imprese sono riuscite a non sacrificare la spesa in ricerca e sviluppo. L’ammontare assoluto di questa voce è diminuito, ma in misura pressoché equivalente ai ricavi, quando non inferiore”.
Secondo l'indagine realizzata da Step Ricerche per conto della Camera di commercio di Torino, in collaborazione con Anfia, nel 2009 il 2,6% dei proventi è stato destinato ad attività di R&D (era il 2,4% nel 2008), l’8% delle aziende è riuscito ad aumentare il fatturato e il 16% a mantenere i ricavi in linea con l’anno precedente, mentre il 76% del campione esaminato (983 aziende intervistate) ha perso terreno . Nel complesso, il fatturato del campione esaminato è sceso l'anno scorso del 15,8%.
15 luglio 2010 08:42
Secondo Anfia, il settore è vivo e vitale nonostante la violenza della crisi.
Si è tenuta l'8 luglio a Torino l'Assemblea del Gruppo Componenti di Anfia, occasione per fare il punto sulla filiera della componentistica automotive italiana. Si tratta di un comparto in cui operano 2.600 aziende, soprattutto piccole e medie, che occupano nel complesso oltre 170mila addetti. Il giro d'affari è stimato in quasi 38 miliardi di euro (di cui la metà nel solo Piemonte), il 3% circa investito in R&D, con esportazioni intorno al 34%. Una filiera che concorre all'attivo della bilancia commerciale per 6 miliardi di euro in tempi normali (almeno fino al 2008), e per 4 miliardi lo scorso anno.
“L’automotive sta subendo una profonda trasformazione a livello globale - ha dichiarato Mauro Ferrari, Presidente del Gruppo Componenti Anfia e Vice Presidente dell'Associazione -. Il baricentro produttivo si sposta velocemente verso i Paesi del BRIC e dobbiamo riflettere sulle opportunità che questo processo ci offre”. Per Ferrari, concentrarsi su questi mercati emergenti significa soprattutto sfruttare l’altissimo potenziale di crescita della domanda locale, che rappresenta un’opportunità più che una minaccia competitiva: “Abbiamo 4 miliardi di consumatori che si affacciano al mercato e qualche centinaio di milioni di nuovi ricchi”.
‘‘Nonostante la violenza della crisi, la componentistica italiana è viva e vitale - ha aggiunto Ferrari -. Come emerge dai risultati dell’Osservatorio della filiera autoveicolare italiana, le imprese sono riuscite a non sacrificare la spesa in ricerca e sviluppo. L’ammontare assoluto di questa voce è diminuito, ma in misura pressoché equivalente ai ricavi, quando non inferiore”.
Secondo l'indagine realizzata da Step Ricerche per conto della Camera di commercio di Torino, in collaborazione con Anfia, nel 2009 il 2,6% dei proventi è stato destinato ad attività di R&D (era il 2,4% nel 2008), l’8% delle aziende è riuscito ad aumentare il fatturato e il 16% a mantenere i ricavi in linea con l’anno precedente, mentre il 76% del campione esaminato (983 aziende intervistate) ha perso terreno . Nel complesso, il fatturato del campione esaminato è sceso l'anno scorso del 15,8%.
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