12 febbraio 2019 10:50
Una mappa dei rischi per le aziende che esportano, con l’obiettivo di sfruttare le opportunità - ed evitare i tranelli - di uno scenario internazionale che in apertura d’anno si presenta complesso ed incerto per il sistema Paese. É quanto propone SACE Simest con la nuova edizione del Focus On “Mappa dei Rischi. I 6 ‘pericoli’ del 2019: conoscerli per gestirli”.
Le sei sfide per l’export italiano nell’orizzonte di breve termine derivano dall’incertezza su economia e mercato azionario degli Stati Uniti, guerra dei dazi e Brexit, nonché da temi sempre attuali quali la fragilità di alcuni paesi emergenti e il crescente indebitamento mondiale. Sfide che possono essere affrontate - spiegano gli estensori del documento - senza che i rischi che si profilano sul mercato internazionale oscurino un quadro ancora ricco di opportunità per l’export italiano.
“L’export è il driver principale della nostra economia e una scelta strategica per le imprese italiane - commenta Beniamino Quintieri, Presidente di SACE -. Per chi opera sui mercati internazionali la conoscenza dei rischi è imprescindibile, ma è un esercizio solo parziale se non la si affianca a un’adeguata analisi delle opportunità”. " Se generalmente i mercati emergenti esibiscono maggiore vulnerabilità a possibili shock esogeni, nondimeno alcuni si configurano destinazioni strategiche delle nostre esportazioni, come la Cina e gli Emirati Arabi Uniti, mercati più noti, ma anche il Brasile, l’India e il Vietnam”.
I SEI RISCHI DEL 2019. Una prima sfida riguarda l’economia statunitense: l’ipotesi di una recessione ha poche probabilità di realizzarsi nel corso del 2019 - si legge nel documento -, ma è comunque atteso un rallentamento dell’economia. Resta poi la grande incognita sul protezionismo, dove l’attuale tregua nella guerra dei dazi è ostaggio dell’imprevedibilità degli attori in gioco.
Dal punto di vista finanziario è ancora Washington al centro delle paure del mercato: una politica eccessivamente restrittiva da parte della FED non solo genererebbe tensioni sui listini di Wall Street, ma potrebbe nuovamente ripercuotersi sui paesi emergenti, con effetti concreti anche per le nostre imprese esportatrici, primo tra tutti il rialzo dei tassi d’interesse e una contrazione del credito concesso alle imprese, che avrebbero minori opportunità di investire. Inoltre, afferma SACE, le valute di questi mercati si deprezzerebbero, con effetti avversi sulle importazioni dei nostri prodotti e provocando anche un aumento del rischio di mancato pagamento, come nel caso di Argentina e Turchia dove l’anno scorso il nostro export è sceso di circa il 10%. Un altro rischio è legato all’indebitamento globale, salito a 244 mila miliardi di dollari nel terzo trimestre 2018 (il 318,2% del Pil mondiale) e che continua a destare preoccupazione per eventuali default sovrani, specie nei paesi di minori dimensione, e privati.
Infine - si legge nel documento - una Brexit nel caos, dopo che la Camera dei comuni ha respinto l’accordo stipulato da Theresa May con l’Ue, semina incertezza, mentre sale la probabilità di un’uscita con un no-deal, anche se allo stato attuale restano aperte tutte le possibilità.
Lo scenario è completato dai timori di un rallentamento più marcato del previsto in Cina e nei Paesi dell’Eurozona, che rappresenterebbero un problema non di poco conto per le nostre imprese.
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