Un casco bici che se danneggiato emette un odore sgradevole: lo sta studiando il Fraunhofer Institute. Con ricadute anche in altri settori.
Quando emana un cattivo odore è proprio tempo di cambiarlo, onde evitare di lasciarci la testa. E' l'ultima innovazione in tema di sicurezza per i ciclisti, il casco in fase di sviluppo presso il dipartimento di ingegneria dei materiali (IWM) del Fraunhofer Institute di Friburgo, in Germania.
Il problema alla base della ricerca è che i caschi per i ciclisti offrono sicurezza solo se non sono danneggiati, magari in seguito a una precedente caduta: ma, ad un esame superficiale, è difficile accorgersi di eventuali microfratture e non tutti sono disposti a buttare via un casco se non è strettamente necessario.
La soluzione prospettata dai ricercatori tedeschi è di utilizzare un materiale plastico che, in caso di frattura, emani un odore persistente, più o meno acuto in base all'entità del danno. Ciò è possibile grazie ad una essenza oleosa contenuta in microcapsule introdotte nella matrice polimerica, ad esempio polipropilene, in fase di stampaggio ad iniezione. Si ottiene così un sottile film che può essere applicato al casco.
Per preservare le microcapsule durante lo stampaggio, e fornire la necessaria resistenza meccanica, i ricercatori hanno selezionato una resina melamminica. La parte interna delle capsule viene invece realizzata con ossido di silicio, materiale indeformabile e poroso che assorbe l'olio odoroso.
I ricercatori hanno quindi calcolato e dimensionato i carichi di rottura per le minuscole capsule (la dimensione è compresa tra 1 e 50 micron) attraverso strumenti da laboratorio e un software di simulazione.
Questa tecnologia potrebbe avere interessanti applicazioni laddove sia difficile evidenziare difetti, fratture o danneggiamenti su articoli in materiale plastico: oltre ai caschi da bici, anche quelli da moto o da lavoro, oppure tubi in pressione, per esempio quelli del gas o delle lavatrici, soggetti a screpolature che possono alla lunga comportare pericolose perdite.
"L'indentificazione olfattiva è già utilizzata nel coating di componenti metallici - spiega Christof Koplin, ricercatore all'IWM - .Stiamo applicando per la prima volta la stessa tecnica ai materiali polimerici e il casco da bici è solo un'applicazione dimostrativa: abbiamo completato la messa a punto delle microcapsule e stiamo terminando i test di caratterizzazione sulle specifiche configurazioni".
4 giugno 2010 09:12
Un casco bici che se danneggiato emette un odore sgradevole: lo sta studiando il Fraunhofer Institute. Con ricadute anche in altri settori.
Quando emana un cattivo odore è proprio tempo di cambiarlo, onde evitare di lasciarci la testa. E' l'ultima innovazione in tema di sicurezza per i ciclisti, il casco in fase di sviluppo presso il dipartimento di ingegneria dei materiali (IWM) del Fraunhofer Institute di Friburgo, in Germania.
Il problema alla base della ricerca è che i caschi per i ciclisti offrono sicurezza solo se non sono danneggiati, magari in seguito a una precedente caduta: ma, ad un esame superficiale, è difficile accorgersi di eventuali microfratture e non tutti sono disposti a buttare via un casco se non è strettamente necessario.
La soluzione prospettata dai ricercatori tedeschi è di utilizzare un materiale plastico che, in caso di frattura, emani un odore persistente, più o meno acuto in base all'entità del danno. Ciò è possibile grazie ad una essenza oleosa contenuta in microcapsule introdotte nella matrice polimerica, ad esempio polipropilene, in fase di stampaggio ad iniezione. Si ottiene così un sottile film che può essere applicato al casco.
Per preservare le microcapsule durante lo stampaggio, e fornire la necessaria resistenza meccanica, i ricercatori hanno selezionato una resina melamminica. La parte interna delle capsule viene invece realizzata con ossido di silicio, materiale indeformabile e poroso che assorbe l'olio odoroso.
I ricercatori hanno quindi calcolato e dimensionato i carichi di rottura per le minuscole capsule (la dimensione è compresa tra 1 e 50 micron) attraverso strumenti da laboratorio e un software di simulazione.
Questa tecnologia potrebbe avere interessanti applicazioni laddove sia difficile evidenziare difetti, fratture o danneggiamenti su articoli in materiale plastico: oltre ai caschi da bici, anche quelli da moto o da lavoro, oppure tubi in pressione, per esempio quelli del gas o delle lavatrici, soggetti a screpolature che possono alla lunga comportare pericolose perdite.
"L'indentificazione olfattiva è già utilizzata nel coating di componenti metallici - spiega Christof Koplin, ricercatore all'IWM - .Stiamo applicando per la prima volta la stessa tecnica ai materiali polimerici e il casco da bici è solo un'applicazione dimostrativa: abbiamo completato la messa a punto delle microcapsule e stiamo terminando i test di caratterizzazione sulle specifiche configurazioni".
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