Inaugurata a Crescentino la prima bioraffineria al mondo di seconda generazione.
9 ottobre 2013 16:45
Alla fine ce l'ha fatta: dopo cinque anni di ricerche, due di cantiere e 150 milioni di euro di investimento, il Gruppo Mossi Ghisolfi è riuscito a implementare il processo Proesa in una bioraffineria da 50mila tonnellate annue di bioetanolo, inaugurata ufficialmente il 9 ottobre a Crescentino, in provincia di Vercelli, su un'area industriale dismessa (ex Teksid).
Essendo il primo progetto di una certa entità (e visibilità) nella chimica verde - dopo una serie di crisi industriali da risolvere - alla cerimonia non si sono negate le autorità, dal sindaco di Crescentino Marinella Venegoni al Presidente della Provincia Carlo Riva Vercellotti, su fino al Governatore del Piemonte Roberto Cota e al Ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato; quest'ultimo ha scelto l'evento per annunciare la firma di un nuovo regolamento interministeriale sulle bioraffinerie, che dovrebbe semplificare, in futuro, l'iter burocratico per realizzare nuovi impianti come quello di Crescentino. Nessuna scorciatoia, ma una definizione del concetto di bioraffineria ad uso e consumo degli organismi che dovranno autorizzare i lavori.
Perché tanto interesse per un impianto chimico? Innanzitutto, si tratta della prima bioraffineria al mondo per la produzione di bioetanolo di seconda generazione, partendo cioé biomasse non alimentari - soprattutto scarti di coltivazioni agricole - capace di produrre ogni anno quasi 75 milioni di litri di biocarburante.
La bioraffineria sorge su un territorio a forte vocazione agricola che permette di sfruttare un’ampia varietà di biomasse disponibili a basso costo in un raggio di 70 km dallo stabilimento: principalmente paglia e paglia di riso, di cui l’area è ricca, ma l’azienda sta sviluppando anche una filiera per la "canna gentile" (Arundo Donax), arbusto che può essere coltivato su terreni marginali, senza sottrarre spazio alla produzione agricola ad uso alimentare.
Come ha ricordato Guido Ghisolfi, Amministratore delegato di Beta Renewables (joint venture tra BioChemtex, società di ingegneria e R&D del Gruppo Mossi e Ghisolfi, il fondo TPG e la danese Novozymes), si tratta solo di un promettente inizio, visto che l'Europa auspica la produzione di 9,5 milioni di tonnellate di biofuel di seconda generazione entro il 2020. Ciò significa che servirebbero, per centrare questo obiettivo quasi duecento impianti come quello inaugurato oggi.
La nuova bioraffineria rappresenta anche una vetrina per mostrare la fattibilità tecnica ed economica della tecnologia Proesa agli investitori che vorranno acquisire le licenze. Tre sono già state concesse in Brasile, Colombia e Stati Uniti, e altre decine di contatti sono in corso.
Utilizzando la piattaforma Proesa, la brasiliana GranBio realizzerà la prima raffineria di bioetanolo di seconda generazione in Brasile, con una capacità produttiva di 82 milioni di litri annui. La californiana Canergy costruirà un impianto da 25 milioni di galloni negli Stati Uniti. Recentemente Biochemtex e Codexis, società che sviluppa enzimi ingegnerizzati utilizzati nella produzione di prodotti farmaceutici, chimici e biocarburanti, hanno annunciato di aver raggiunto con successo la fase di scale-up industriale nel processo di produzione di alcoli grassi, utilizzando gli zuccheri ottenuti dalle biomasse lignocellulosiche.
Ma cos'è Proesa? E' l'acronimo di PROduzione di Etanolo da biomasSA, ma in portoghese significa anche "prodezza", nome creato da un ingegnere brasiliano che ha lavorato fin dalle prime fasi al progetto. La tecnologia è stata sviluppata da Biochemtex, società d’ingegneria del Gruppo Mossi Ghisolfi, dopo cinque anni di ricerca e un investimento di 150 milioni di euro. Un progetto completamente italiano, portato avanti nel Centro Ricerche di Rivalta Scrivia (Alessandria) interamente dedicato alle fonti rinnovabili, dove dal 2009 è in funzione un impianto pilota per produrre biocarburanti.
Combinata con gli enzimi Cellic prodotti da Novozymes, Proesa consente di estrarre e destrutturare gli zuccheri presenti nelle biomasse lignocellulosiche e trasformarli, mediante fermentazione, in etanolo, carburanti e prodotti chimici. La lignina e il biogas originati durante il processo vengono utilizzati per produrre energia in una centrale integrata con potenza di 13 MW, superiore al fabbisogno dell'impianto (che risulta così virtualmente autosufficiente).
Con la piattaforma Proesa si potranno in futuro produrre, oltre ai biocarburanti, anche isoprene, butadiene e 1,4 butandiolo (bioBDO) da biomasse; in prospettiva anche aromatici come il paraxilolo, da cui si ricava l'acido tereftalico che - combinato con il glicole etilenico ottenuto da bioetanolo - consentirà di produrre un PET 100% bobased (le prime produzioni su scala semi-commerciale sono previste entro la fine del 2015). Considerando che Mossi&Ghisolfi è uno dei principali produttori mondiali di PET, con impianti in Brasile, Messico e presto negli Stati Uniti, si comprende il ruolo strategico che riveste questa tecnologia nell'ambito delle future strategie del gruppo.
Il secondo passo sarà estrarre intermedi chimici anche dalla lignina, oggi destinata a termovalorizzazione: per questa ragione Mossi&Ghisolfi sta allestendo un nuovo centro di ricerca a Modugno, in provincia di Bari. Sempre al Sud potrebbero sorgere le prossime bioraffinerie del gruppo, sempre che la semplificazione promessa da Roma non si riveli solo una vuota promessa.
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