Dal PET riciclato un materiale nanotecnologico in grado di sostituire i farmaci nella lotta alle infezioni fungine.
3 gennaio 2014 09:20
Le nanotecnologie applicate ad una comune matrice polimerica come il PET proveniente dal riciclo delle bottiglie per acqua minerale potrebbe rivelarsi un’arma contro le infezioni fungine, divenute più resistenti ai farmaci tradizionali.
Questo risultato, che potrebbe avere un forte impatto sulla ricerca medica, è stato ottenuto da un equipe di ricercatori di IBM e dell’Istituto di Bioingegneria e Nanotecnologie (IBN) di Singapore. I risultati sono stati pubblicati in uno degli ultimi numeri della rivista scientifica Nature Comm.
I tradizionali prodotti terapeutici devono penetrare nella cellula per attaccare l’infezione - spiegano i ricercatori impegnati nel progetto -, ma hanno difficoltà ad individuare la parete della membrana fungina e a penetrarla. Inoltre, dato che dal punto di vista metabolico i funghi sono simili alle cellule dei mammiferi, i farmaci esistenti possono avere difficoltà a distinguere tra cellule sane e cellule infette.
I ricercatori IBM hanno messo a punto un processo catalitico organico che consente la trasformazione del PET in molecole del tutto nuove, battezzate scherzosamente “polimeri ninja”, che possono essere trasformate in agenti antifungini. Questi ultimi si autoassemblano in nanofibre attraverso un legame idrogeno che opera come una sorta di “velcro molecolare”, analogamente a quanto avviene nei processi di polimerizzazione. Ciò è importante perché gli agenti antifungini sono attivi come prodotti terapeutici solo in forma di fibre o polimeri.
La nanofibra ottenuta dal PET ha una carica positiva e, per questa ragione, è in grado attaccare solo le membrane fungine con carica negativa, in base ad una interazione elettrostatica. La nanofibra si apre un varco e distrugge le pareti della membrana della cellula fungina impedendo a quest’ultima di sviluppare resistenza.
“La capacità di queste molecole di autoassemblarsi in nanofibre è importante perché, a differenza delle molecole discrete, le fibre aumentano la concentrazione locale di cariche cationiche e la massa di composti - spiega Dr. Yi Yan Yang, Group Leader dell’IBN -. Questo rende più facile puntare alla membrana fungina e alla sua successiva lisi, consentendo la distruzione dei funghi anche a basse concentrazioni”.
Possibili applicazioni di questa tecnologia spaziano da medicinali da iniettare nel sangue delle persone malate a gel e coating per il rivestimento di sale operatorie o arredi pubblici, fino alla messa a punto di deodoranti o dentifrici, in sostituzione dei tradizionali agenti antibatterici.
Ogni anno più di un miliardo di persone è colpito da infezioni fungine di gravità variabile che vanno da infezioni locali della pelle, come il piede d’atleta, a contaminazioni fungine del sangue potenzialmente mortali. L’infezione si verifica con maggiore facilità quando il sistema immunitario è compromesso a causa di malattie quali l’HIV/l’AIDS, il cancro o quando si segue una terapia antibiotica.
In studi condotti dall’IBN, che le nanofibre sono riuscite ad eliminare oltre il 99,9% di C. albicans, un’infezione fungina che provoca la terza infezione del sangue più comune negli Stati Uniti, dopo solo un’ora di incubazione e non ha mostrato alcuna resistenza dopo 11 trattamenti. I farmaci antifungini tradizionali erano solo in grado di eliminare l’ulteriore crescita fungina mentre l'infezione ha mostrato una resistenza ai farmaci dopo sei trattamenti.
Per ulteriori informazioni: Ninja polymers sul sito IBM
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