4 dicembre 2015 07:57
La società biotech francese Carbios ha annunciato di essere riuscita a depolimerizzare per via enzimatica PET amorfo proveniente da rifiuti nei suoi componenti base: acido tereftalico purificato (PTA) e glicole etilenico (EG).
VERSO il BIORICICLO. Questo processo apre le porte al bioriciclo del PET, rendendo possibile un riutilizzo virtualmente infinito di questa plastica, poiché non soggetta alla degradazione che occorre inevitabilmente nei processi di riciclo meccanico. Analogamente, il PET prodotto con i feedstock ottenuti da depolimerizzazione, dopo le fasi di separazione e purificazione, possiede le stesse caratteristiche di quello sintetizzato da materie prime vergini.
Tra i benefici della depolimerizzazione, Carbios ricorda anche il ridotto consumo energetico del processo enzimatico.
La tecnologia è stata sviluppata nell’ambito del progetto di ricerca Thanaplast, volto a sviluppare nuovi processi per la depolimerizzazione di bioplastiche e poliesteri provenienti da scarti e rifiuti, che di recente ha ricevuto un finanziamento di 1,6 milioni di euro da Bpifrance (leggi articolo).
POLIMERO A LARGA DIFFUSIONE. Il PET è una delle plastiche più utilizzate a livello mondiale, con una produzione annua superiore a 20 milioni di tonnellate e un tasso di crescita annuo compreso tra il 4 e il 5%.
Essendo destinato prevalentemente all’imballaggio (7 tonnellate su 10 finiscono nelle bottiglie), l’aspetto legato al fine vita è particolarmente critico, anche se nei paesi industrialmente avanzati viene normalmente raccolto e riciclato meccanicamente, in parte per produrre nuovi packaging. Il processo di riciclo meccanico è soggetto, oltre alla degradazione, anche al rischio di contaminazione con impurità o altri polimeri.
ALTERNATIVA ALLA DISCARICA. In Europa, su 3,2 milioni di tonnellate di PET utilizzate, solo 1,8 milioni vengono effettivamente riciclate. Secondo Carbios, la quota restante - 1,4 milioni di tonnellate -, invece di finire in discarica o negli inceneritori potrebbe essere bioriciclata, senza la necessità di una selezione accurata dei materiali in ingresso, grazie all’impiego di enzimi altamente selettivi.
Lo stesso processo potrebbe essere applicato alle fibre di poliestere, il cui consumo mondiale è stimato in 43 milioni di tonnellate annue, solo parzialmente recuperate e riciclate.
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