28 gennaio 2016 08:48
I dati presentati ieri a Roma da Ucimu - Sistemi per produrre nella quinta edizione dell’indagine sul parco macchine utensili e robot, testimoniano, se ce ne fosse bisogno, il profondo stato di disagio in cui versa l’industria metalmeccanica italiana, reduce da quasi otto anni di recessione continua.
AI LIVELLI DEL 1984. Basti pensare che nel 2014 l’età media dei macchinari di produzione presenti nelle imprese metalmeccaniche del paese è risultata la più alta mai registrata da 40 anni a questa parte: 12 anni e 8 mesi; tanti, troppi per un settore caratterizzato da una rapida evoluzione tecnologica.
Anche il tasso di innovazione degli impianti è cresciuto meno che in passato e, per la prima volta da oltre 20 anni, si è contratta la quota di parco macchine installata nelle piccole imprese rispetto al totale delle imprese italiane.
Sempre rispetto al 2005, l’eta media del parco macchine è salito da 10 anni e sette mesi a 12 anni e otto mesi, un mese in più del dato rilevato nell’ormai lontano 1984. Non solo: rispetto alle due rilevazioni precedenti (1996-2005), nel 2014 è cresciuta la quota di macchine utensili con un età superiore ai 20 anni, risultata pari al 27% del totale installato. Di contro si dimezza la quota di macchine con età non superiore ai 5 anni, risultata pari al 13%.
PESANTE ARRETRAMENTO. “I risultati della ricerca - ha affermato Luigi Galdabini, presidente di Ucimu (nella foto) - evidenziano il pesante arretramento che l’industria metalmeccanica italiana ha subito nell’ultimo decennio e danno l’idea dell’impatto che la crisi ha avuto sul tessuto produttivo del paese, fortemente ridimensionato nelle sue unità produttive e nel numero di addetti impiegati (-13%; -14% secondo l'Istat)".
"Questi fattori mettono a dura prova la competitività del sistema industriale italiano che rischia inesorabilmente di arretrare anche perché, nel frattempo, le industrie dei paesi emergenti si stanno dotando di sistemi e tecnologie di ultima generazione”.
LE PIÙ ANZIANE. Le macchine più tradizionali (asportazione e deformazione) sono anche quelle più anziane, con un’età media pari a 13 anni, anche se sono i robot ad aver registrato l’invecchiamento più significativo (pari a 4 anni e mezzo) rispetto alla rilevazione del 2005, a conferma del fatto che la loro presenza negli stabilimenti produttivi comincia ad essere usuale quanto quella delle macchine a tecnologia tradizionale.
I SETTORI PIÙ AUTOMATIZZATI. La metà del parco complessivo (49,8%) è installata presso stabilimenti che realizzano prodotti in metallo (fonderie, fucinatura, stampaggio, carpenterie, caldaie, serbatoi, utensili, seconda trasformazione dei metalli, trattamento, rivestimento). Il secondo settore per quantità di macchine installate (25,4%) è quello dei costruttori di macchinari e materiale meccanico, tra cui macchine per l’industria alimentare, chimica e delle materie plastiche. Segue quello dei mezzi di trasporto (13,9%) che comprende automotive e aerospace.
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA. Riguardo la distribuzione geografica del parco macchine, dall’indagine emerge che la Lombardia si conferma, ancora una volta, la regione con il maggior numero di macchine installate (29,7%), in crescita rispetto al 2005 (28,4%). Segue il Triveneto, che riduce il suo peso, dal 19,5% al 17,6%. Prosegue il trend positivo dell’Emilia Romagna il cui peso passa dal 13,3% al 14,5%.
Arretra ulteriormente il Piemonte nel quale risiede solo il 12,9% del parco macchine. Cresce la presenza di macchine nel Centro e nel Sud in virtù di poche grandi unità produttive presenti in quei territori.
SEGNALI POSITIVI. Non mancano segnali positivi: per esempio, aumenta il grado di integrazione degli impianti produttivi. Le macchine più semplici, prive di qualsiasi tipo di integrazione, sono ancora pari al 79% del totale, ma nel 2005 rappresentavano l’89% del parco installato. L’integrazione - si legge nel rapporto Ucimu - si concretizza anzitutto nell’incremento del contenuto di automazione (primo livello di integrazione) della macchina che cresce di 8 punti percentuali, passando da 4,8% del 2005 al 12,5% del 2014. Segue l’integrazione meccanica (secondo livello) la cui diffusione risulta raddoppiata, passando dal 2,5% al 5,8%. Arretra, invece, la quota di macchine dotate di integrazione informatica (terzo livello) che si riduce dal 3,7% del 2005 al 2,5%.
MISURE PER LA CRESCITA. Un’altra buona notizia è la ripresa del consumo di macchine utensili in Italia, registrata a partire dal 2014 e proseguita per tutto il 2015. “Dimostra che il manifatturiero del paese può tornare a operare sui livelli pre-crisi anche grazie al supporto garantito da strumenti di politica industriale messi in atto dalle autorità di governo - segnala Galdabini -. Oltre alla Nuova Legge Sabatini che, operativa dall’aprile 2014, permette il finanziamento a tassi agevolati degli acquisti in macchinari, è esempio di ciò il provvedimento del Superammortamento che permette l’ammortamento del 140% del valore del bene acquisito”.
“Pur riconoscendo la validità di queste misure congiunturali - ha affermato il presidente Ucimu - occorre prevedere interventi strutturali volti a stimolare e sostenere il ricambio dei sistemi di produzione nelle imprese italiane, unica via per assicurare prospero futuro alla manifattura del paese”. "Penso alla liberalizzazione delle quote di ammortamento, attraverso cui il macchinario acquistato può essere ammortizzato in tempi più brevi. La misura oltre a incentivare nuovi acquisti, di fatto, non presenta costi a carico dello Stato che vedrebbe soltanto traslata nel tempo l’entrata di cassa. In ogni caso, se ciò non fosse possibile occorre prevedere l’aggiornamento dei coefficienti di ammortamento fermi ancora al 1988”.
INCENTIVARE LO SVECCHIAMENTO DEL PARCO. Secondo il presidente di Ucimu, la modalità più adeguata per contrastare l’inesorabile invecchiamento delle macchine utensili presenti negli stabilimenti produttivi del paese è l’adozione di una misura che favorisca l’aggiornamento del parco macchine installato.
Funzionale all’obiettivo, secondo Ucimu, è l’introduzione di un sistema di incentivi alla sostituzione volontaria dei macchinari obsoleti con nuove tecnologie progettate e realizzate secondo le nuove esigenze di produttività, risparmio energetico e rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro previste dall’Ue, assicurando così adeguato livello di competitività al made in Italy.
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