26 aprile 2017 09:59
Un gruppo di ricerca anglo-spagnolo, guidato da due ricercatori italiani (Paolo Bombelli e Federica Bertocchini), ha individuato una larva in grado di degradare il polietilene, trasformandolo per via enzimatica in glicole etilenico. I risultati dello studio sono stati pubblicati nei giorni scorsi sulla rivista scientifica Current Biology nell’articolo “Polyethylene bio-degradation by caterpillars of the wax moth Galleria mellonella” (link all’abstract).
La larva “mangia plastica” è la Galleria mellonella, conosciuta anche come camola del miele perché si nutre della cera d’api. È stata individuata per caso, come ha spiegato la ricercatrice italiana Federica Bertocchini (oggi impiegata all’Instituto de Biomedicina y Biotecnologia de Cantabria, in Spagna), appassionata di apicoltura, dopo aver riposto alcune larve in un sacchetto di plastica mentre ripuliva le arnie. Dopo qualche ora, riferisce Bertocchini, il sacchetto era già pieno di buchi e le larve libere. Da qui l’idea di approfondire la ricerca coinvolgendo Paolo Bombelli e Chris Howe, entrambi biochimici all’Università di Cambridge.
Nello studio pubblicato su Current Biology, un film in polietilene è stato messo a contatto con alcune larve della Galleria mellonella e i primi fori si sono evidenziati dopo 40 minuti: secondo i ricercatori ogni ‘verme’ è in grado di produrre tra due e tre buchi ogni ora. Un centinaio di esemplari in dodici ore sono stati in grado di “digerire” circa 90 microgrammi di polietilene. Gli studiosi, con analisi successive, hanno escluso che l’attività delle larve sia esclusivamente meccanica, mediante masticazione.
La trasformazione del polietilene in glicole etilenico deriverebbe dalle abitudini alimentari della larva, che si nutre di cera d’api: la capacità di rompere i legami chimici della cera - affermano i ricercatori - verrebbe applicata, in caso di necessità anche alla più comune plastica. La velocità di degradazione sarebbe superiore a quella del PET dovuta ad un batterio - Ideonella sakaiensis - scoperta l’anno scorso da un team di ricercatori giapponesi.
Gli studi proseguono per capire come avviene la biodegradazione e valutare le potenzialità biotecnologiche del processo ai fini del recupero dei rifiuti plastici.
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