30 gennaio 2019 16:31
Nel quadro della strategia dell'UE sulle plastiche, l’Agenzia chimica europea, Echa, era stata incaricata dalla Commissione europea di valutare i rischi per l’ambiente connessi alla presenza di microplastiche in una vasta gamma di prodotti, al fine di giustificare eventuali restrizioni al loro utilizzo.
SOPRATTUTTO NEL TERRENO. L’analisi ha confermato che i minuscoli frammenti di plastica hanno maggiore probabilità di accumularsi nel terreno, poiché si concentrano nei fanghi di depurazione che vengono spesso utilizzati come ammendanti o fertilizzanti in agricoltura. Una quantità più piccola viene invece rilasciata direttamente nell'ambiente acquatico.
La persistenza e i possibili effetti avversi, così come il bioaccumulo di microplastiche sono motivo di preoccupazione, afferma l’Agenzia chimica europea. Una volta rilasciate, queste sostanze possono essere molto persistenti, anche per migliaia di anni e praticamente impossibili da rimuovere.
EFFETTI INCERTI SULLA SALUTE. Attualmente non è possibile determinare l'impatto di tale esposizione a lungo termine sull’ambiente. Sono infatti ancora pochi i dati disponibili, soprattutto per l'accumulo in ambiente terrestre, il che rende difficile la valutazione del rischio. A causa delle loro ridotte dimensioni (inferiori a 5 mm), le microplastiche e le nanoplastiche - particelle più piccole che si formano dall'ulteriore degrado delle prime - possono essere ingerite e quindi entrare nella catena alimentare, sebbene i potenziali effetti sulla salute umana non siano ancora ben compresi.
SEMAFORO VERDE ALLE RESTRIZIONI. Al termine della valutazione, l’Agenzia ha elaborato e sottoposto alla Commissione una proposta di restrizione all’uso di microplastiche aggiunte intenzionalmente ai prodotti destinati ai consumatori o al settore professionale - escluse quelle biodegradabili -, con l’obiettivo di ridurne il rilascio in ambiente per un volume di 400mila tonnellate in un lasso temporale di vent’anni dall’entrata in vigore del dispositivo, con un costo stimato in 9,4 miliardi di euro.
Al termine del periodo transitorio, diverso da settore a settore a seconda della facilità di sostituzione delle micoplastiche con altre sostanze meno inquinati (tra cui i polimeri biodegradabili), l’abbattimento dei rilasci in ambiente potrebbe raggiungere il 90%.
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