20 maggio 2024 12:28
Per porre un freno alla vendita di bioshopper e imballaggi in plastica non compostabile, quando la normativa invece lo impone, Assobioplastiche, Consorzio Biorepack e TÜV Austria hanno sottoscritto un protocollo d’intesa finalizzato a contrastare i fenomeni di illegalità, diffusi nonostante controlli e sequestri presso commercianti e distributori.
L'obiettivo dell'alleanza è condividere dati e informazioni per migliorare le attività di controllo e contrasto alla diffusione dei "falsi compostabili" che, oltre a danneggiare le aziende del settore sottoposte a concorrenza sleale, possono causare problemi nella raccolta differenziata delle bioplastiche compostabili e nel riciclo organico nella frazione umida. Nell'ambito dell'intesa, TÜV Austria fornirà l’elenco dei prodotti certificati e degli usi ingannevoli e impropri riscontrati nell'uso dei marchi.
“Le violazioni delle attuali normative che, ormai da anni, vietano l’uso di sacchetti in plastica tradizionale per la spesa e l’ortofrutta rappresentano un danno economico per gli operatori che lavorano onestamente - spiega Luca Bianconi, presidente di Assobioplastiche (foto a sinistra) -. Inoltre, costituiscono un dumping illegale, poiché i costi di produzione sono molto più bassi, a fronte però di impatti ambientali ben più elevati. Costruire sinergie tra le diverse realtà della filiera è quindi indispensabile per porre in essere azioni efficaci di contrasto all’illegalità”.
Nel caso degli shopper illegali, come hanno mostrato recenti sequestri a opera di polizia locale e Guardia di finanza, le violazioni vanno dalla vendita di borse prive dei requisiti di legge (certificazioni di biodegradabilità, compostabilità, rinnovabilità e relative etichettature) all'apposizione di marchi di certificazione di compostabilità contraffatti su sacchetti che in realtà sono privi dei requisiti stabiliti dallo standard europeo EN 13432. C’è anche il caso, fortunatamente sempre meno frequente, di sacchetti dichiarati compostabili che, una volta ottenuta la certificazione, vengono poi prodotti con quantità più o meno rilevanti di polietilene al fine di ridurre i costi di produzione.
“La diffusione di sacchetti e manufatti rigidi non compostabili induce in errore i cittadini che finiscono per gettarli insieme con i rifiuti organici - sottolinea Marco Versari, presidente del Consorzio Biorepack (foto a destra) -. Di conseguenza, gli impianti di digestione anaerobica e compostaggio devono porre in essere una serie di attività per rimuovere i materiali non compostabili”. “Le analisi effettuate dal nostro Consorzio hanno rilevato che ogni chilo di materiali non compostabili presenti nell'umido sottrae tra 1 e 2 kg di rifiuti organici al trattamento", aggiunge.
“Gli imballaggi illegali, soprattutto se utilizzano impropriamente il nostro marchio, minano la credibilità del sistema di certificazione ed è quindi per noi di vitale importanza contrastarli - conclude Crescenzo Di Fratta, CEO di TÜV Austria Italia -. La collaborazione che svilupperemo grazie a questo accordo con Assobioplastiche e Biorepack rappresenta un’arma in più in tale direzione e tutelerà le aziende realmente rispettose dell'ambiente e che operano nella legalità”.
TUV Austria mette a disposizione un database online dei prodotti certificati con proprio marchio (vedi QUI) e pubblica una black list dei prodotti contraffatti (scaricabile QUI)
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