8 marzo 2024 08:40
Studi scientifici sulla presenza nell'ambiente o nel corpo umano di micro e nanoparticelle a base di plastiche, gomme e fili tessili sono sempre più frequenti; anche perché basta scegliere un qualsiasi ecosistema o un organo del nostro corpo, cercare quello che si vuol trovare per raggiungere l'obiettivo e guadagnare così le prime pagine dei giornali.
Resta da capire se le tracce di sostanze estranee (non solo plastiche) nel nostro organismo siano significative per quantità e abbiano una rilevanza sotto il profilo della salute. Fino ad oggi, infatti, non è stato provato che la presenza di queste sostanze sia realmente dannoso per l'uomo.
Sembra sposare la tesi di un rischio per la salute - pur non arrivando a un verdetto incontrovertibile - un recente studio italiano pubblicato sulla rivista scientifica The New England Journal of Medicine, che ha rilevato la presenza di microplastiche nelle nelle placche aterosclerotiche, depositi di grasso presenti nelle arterie.
I ricercatori non si sono limitati a individuare la presenza dei corpi estranei, ma hanno anche provato a valutane l'effetto sulla salute, seguendo i pazienti per circa tre anni e giungendo alla conclusione che l'infiammazione delle placche causate dal contatto con microplastiche le renda più friabili ed esposte a rischio di rottura con un aumento di almeno 2 volte del rischio di infarti, ictus e mortalità rispetto a placche aterosclerotiche ove queste sostanze non sono state rilevate.
Coordinato da ricercatori dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli, lo studio ha interessato 304 pazienti sottoposti a un intervento chirurgico che prevede la rimozione delle placche aterosclerotiche, 257 dei quali sono stati seguiti per un periodo di 34 mesi dopo l'intervento.
Microparticelle di polietilene sono state rilevate nella placca dell'arteria carotide di 150 pazienti (58,4%), mentre 31 pazienti (12,1%) avevano anche quantità misurabili di PVC. I pazienti in cui sono state rilevate queste sostanze - si legge nell'abstract della ricerca - erano a rischio più elevato per un evento end-point primario (l'aspetto più grave della patologia, ndr) rispetto a quelli in cui queste sostanze non sono state rilevate, indipendentemente da altri fattori di rischio come età, sesso, fumo, indice di massa corporea, valori di colesterolo, pressione e glicemia o precedenti eventi cardiovascolari.
Per ora si tratta di un sospetto: "Sebbene i nostri dati non stabiliscano un rapporto di causa-effetto, tuttavia suggeriscono che le micro e nanoplastiche potrebbero costituire un nuovo, importante fattore di rischio cardiovascolare di cui tenere conto”, afferma il Prof. Antonio Ceriello dell’IRCSS Multimedica di Milano.
“L’effetto pro-infiammatorio potrebbe essere uno dei motivi per cui le micro e nanoplastiche comportano una maggiore instabilità delle placche e quindi un maggior rischio che si rompano, dando luogo a trombi e provocando così infarti o ictus – spiega Raffaele Marfella, ideatore dello studio e Ordinario di Medicina Interna dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli –. Dati raccolti in vitro e negli animali da esperimento hanno già mostrato che le micro e nanoplastiche possono promuovere lo stress ossidativo e l’infiammazione nelle cellule dell’endotelio che ricopre i vasi sanguigni, ma anche che possono alterare il ritmo cardiaco e contribuire allo sviluppo di fibrosi e alterazioni della funzionalità del cuore: questi risultati mostrano per la prima volta nell’uomo una correlazione fra la presenza di micro e nanoplastiche e un maggior rischio cardiovascolare”.
Vedi anche: Microplastics and Nanoplastics in Atheromas and Cardiovascular Events
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